“Due Stati per due popoli” La svolta del premier Lapid divide il governo israeliano
23 Settembre 2022La strada di Draghi per tornare protagonisti sulla scena globale
23 Settembre 2022Marianna è nata a Venezia e a Venezia si ostina a vivere nella sua casa a Sant’Aponal, nel cuore del sestiere di San Polo. Il suo appartamento è assediato da B&b e altre locazioni turistiche come un Fort Apache di hollywoodiana memoria: «Ne ho 12 dietro casa, 10 di fianco, 2 in calle di fronte e pure uno sul pianerottolo – spiega – Nelle ore di punta, uscire di casa diventa una impresa da tutti i turisti che ci sono in calle». La sua è una delle tante voci che mercoledì sera, sotto le volte della Pescheria di Rialto, si sono levate per denunciare il malessere di una città malata di overturism. Una malattia che la giunta del sindaco Luigi Brugnaro pretenderebbe di curare imponendo un ticket di accesso alla città. «Ma per limitare l’afflusso di turisti ci vuole un limite e non un prezzo», contesta Marianna.
Il contributo di ingresso nella città insulare, più volte vantato dalla giunta fucsia come una panacea per tutti i mali di Venezia, dovrebbe entrare in vigore a gennaio. Usiamo il condizionale perché la delibera deva ancora passare per il consiglio comunale e la sua discussione in ordine del giorno viene continuamente posticipata. Neppure di un regolamento attuativo c’è traccia. Stando alle dichiarazioni di sindaco e assessori, il costo del biglietto dovrebbe variare da 2 a 12 euro a seconda dei giorni della settimana: più c’è flusso turistico e più il biglietto costa. In questo modo, sempre secondo il sindaco, i visitatori sarebbero incentivati a venire in città quando c’è meno gente per risparmiare qualche euro. Esenti i residenti, i lavoratori, gli studenti e i turisti con una prenotazione in un hotel che hanno già pagato la tassa di soggiorno. Esenti anche i familiari e gli amici in visita per i quali il residente dovrebbe attivare uno speciale Q Code di acceso su una app.
Gli ultimi veneziani che ancora resistono tra calli e campielli, l’hanno già chiamata con tragica ironia la «tassa sui corni» e si chiedono: «Se invito a casa mia l’amante, devo prima comunicarlo ai vigili?». Battute a parte, rimane l’umiliazione per un residente di dover mettersi in fila e superare un tornello esibendo un Q Code per poter tornare a casa la sera dopo una giornata di lavoro in terraferma. Oppure di non poter ricevere visite a sorpresa di amici o familiari e di dover organizzare anche una semplice festa di compleanno preparando le certificazioni per gli accessi. Senza contare gli immancabili “furbetti” della situazione che avranno mano libera nel certificare come «amici» anche comitive da 100 persone per mettere in tasca qualche euro.
«La mia impressione è che la giunta si sia infilata in una situazione di cui non vede l’uscita – spiega Aline Cendon, presidente del Gruppo 25 Aprile che è stato tra gli organizzatori dell’assemblea a Rialto – . Sono talmente superficiali che non hanno consultato né il garante della privacy né l’avvocatura civica. Questo provvedimento viola apertamente la Costituzione che sancisce la libertà di circolazione dei cittadini. Il provvedimento inoltre ha sollevato forti proteste non solo dei residenti ma anche di chi viene in città per lavorare. Non ultimi gli avvocati, spaventati che i loro clienti debbano ottenere un pass per recarsi nel loro studio. Brugnaro, lo si sa bene, vede Venezia come uno sportello di bancomat e la sua idea è quella di monetizzare il turismo realizzando una sorta di Disneyland per ricchi dove i residenti sono solo d’impiccio all’alberghizzazione selvaggia alla quale ha sempre concesso mano libera».
«Questo balzello non c’entra niente con una politica di gestione dei flussi: c’entra con la politica del far schei che tanto piace al sindaco – commenta Gianfranco Bettin, consigliere della lista Verde Progressista – c’entra con la mercificazione ulteriore della città: dopo la storia, l’arte e la bellezza, si tenta di mercificarne anche il disagio. Il ticket non solo è inutile ma anzi rappresenta l’alibi per continuare a subire l’eccesso turistico fingendo di fare qualcosa e, magari, lucrandoci sopra. Occorre invece definire una soglia limite di presenze da rispettare. Così la città si difenderebbe dal sovraffollamento e dalla monocultura turistica restando libera e non a disposizione di chi paga».