La gran parte chiede controlli rafforzati dell’Anac e Antimafia ma il fenomeno viene considerato normale, un vizio collegato alla politica L’88% ritiene che il Pnrr porti il pericolo di infiltrazioni
La corruzione è un problema “storico”, in Italia. E non solo. Un tema sempre attuale, nel dibattito politico, come ha ribadito il presidente dell’autorità anticorruzione (Anac), Giuseppe Busia, che ha sollevato dubbi sulla revisione del codice degli appalti contenuta in un decreto legislativo approvato martedì dal Consiglio dei ministri, in quanto, per i lavori fino a 150 mila euro e le forniture di servizi fino a 140 mila euro, aprirebbe alla possibilità di fare affidamenti senza una procedura pubblica di gara. Perché occorre esercitare un controllo attento sulle regole e le procedure che permettono l’erogazione di finanziamenti pubblici. Per contrastare pratiche – e attori – della corruzione. Tanto più oggi, di fronte al rischio di perdere il sostegno dell’Unione europea. Che ha permesso e permette all’Italia di sostenere i costi di una crisi di lungo periodo.
Si tratta di una questione che abbiamo già analizzato, fra l’altro, attraverso le ricerche condotte da Demos per Libera. Importanti, per capire come, oltre al pericolo “concreto” generato dal fenomeno, ve ne sia un altro, altrettanto “pericoloso”. L’abitudine. Che induce a “dare per scontato” il problema. E, dunque, di sottovalutarlo. Questo rischio è confermato dalla terza indagine di Demos per Libera, appena conclusa.
Se osserviamo la curva che riproduce il grado di diffusione della corruzione secondo gli italiani, nell’ultimo decennio, è chiaro come, dopo il 2020, il problema si stia “sdrammatizzando”. Messo in ombra da altre emergenze. Soprattutto, il Covid e la guerra in Ucraina. Così oggi, nel 2023, la preoccupazione dei cittadini, al proposito, ha toccato il livello minimo. Il grado di attenzione e di “tensione”, in realtà, resta molto alto: 76%. Ciò significa che 3 italiani su 4 ritengono che la corruzione sia ancora diffusa. “Più” o, comunque, “non meno”, rispetto ai tempi di Tangentopoli. Tuttavia, 3 anni fa questa “percezione” appariva molto più elevata. “Percepita” dall’88% dei cittadini. Quindi, 12 punti percentuali in più, rispetto ad oggi. Peraltro, si tratta di un orientamento “trasversale”, sotto il profilo politico e territoriale. Condiviso dovunque, indipendentemente dall’orientamento di voto. E ciò sottolinea come la corruzione sia, ormai, considerata “normale”. Un vizio collegato alla politica. Ieri e (come pensa circa il 30%) ancor più oggi. Per effetto dei fondi del Pnrr, che promuoveranno gli investimenti pubblici. E, per questa ragione, favoriranno le infiltrazioni mafiose, che inseguono i movimenti di denaro.
Questa “normalizzazione” dell’atteggiamento non significa che il fenomeno sia “accettato”. Al contrario, suscita condanna, presso quasi tutta la popolazione. Tuttavia, la relazione fra investimenti pubblici, movimenti finanziari e corruzione è considerata diretta. Quasi automatica. Per questo motivo, le infiltrazioni e le azioni illegali non sollevano grandi reazioni. In quanto ritenute conseguenti. È il “mafia virus” (come l’ha definito don Luigi Ciotti), che contamina la visione dei cittadini e spinge ad accettare la diffusione delle attività e delle organizzazioni criminali, insieme alla crescita di risorse economiche e finanziarie nella società. E sul territorio. Come fenomeni coerenti e reciproci. Non si tratta tanto di “rassegnazione”, ma di una “(s)valutazione” della realtà. Che induce a ritenere contestuali lo sviluppo e l’il-legalità. Gli investimenti e la corruzione. È un sentimento pericoloso, che richiama una nota formula coniata da Hannah Arendt: la “banalità del male”. Riferita a figure e atti ben più drammatici. Legati ai crimini e ai criminali nazisti. Tuttavia, questa definizione appare, a maggior ragione, efficace a spiegare quanto e perché sia difficile – dunque, necessario – denunciare le attività “illegali” che caratterizzano il mercato e l’economia. Dall’edilizia alla sanità, dal commercio allo smaltimento dei rifiuti, dai trasporti al turismo. In altri termini, nei settori più diversi. E più vicini a noi. Per la stessa ragione, come emerge dal sondaggio di Demos per Libera, una componente molto ampia di persone ritiene che occorra sostenere e rafforzare il controllo dell’Anac, rafforzare in poteri della Procura antimafia e assicurare massima trasparenza sui bandi. Tuttavia, è prioritario cambiare il nostro atteggiamento. Il nostro sguardo su quanto avviene intorno a noi. Nelle istituzioni, nel sistema politico ed economico.
Perché non possiamo e non dobbiamo considerare “normale” ciò che è “illegale”. Trasformare “Tangentopoli” nella “polis” dove viviamo. In altri termini, accettare l’illegalità come regola della nostra vita quotidiana. Al di là dello spazio e del tempo. Ieri, oggi e, inevitabilmente, anche domani.
Se vogliamo andare oltre la corruzione non dobbiamo rassegnarci alla rassegnazione.