Lentezze e burocrazia: “ 20 anni per la costruzione di una cassa di espansione”. Ispra: “ Troppe costruzioni vicino agli argini”
diAndrea VivaldiMentre accatastano mobili distrutti sui marciapiedi pieni di fango, i residenti ripetono una domanda: davvero non si poteva fare di prevedere tutto questo? Oltre alla portata eccezionale della tempesta, ci sono almeno tre problemi legati alle esondazioni: case e aziende costruite accanto agli argini. Troppa burocrazia, secondo i consorzi, che frena i progetti di prevenzione. E infine poca attenzione alle allerte. Il caso concreto è quello di Campi Bisenzio. Gli argini del torrente Marina hanno ceduto innescando gli allagamenti. Eppure esisteva da tempo un piano di prevenzione mai realizzato. « Da 20 anni abbiamo un progetto, già finanziato, per la messa in sicurezza che avrebbe impedito alcuni danni, come quanto successo al centro commerciale I Gigli. Ma la burocrazia al ministero rallenta tutto» spiega Marco Bottino, presidente di Anbi Toscana, l’associazione regionale dei consorzi di bonifica. Mani avanti e testa alta sui lavori fatti fino a oggi: « C’è una narrazione folle collettiva che parla di un reticolo minore abbandonato: in 5 anni abbiamo speso 85 milioni, una cifra iperbolica, in manutenzione e argini tra la Piana fiorentina, Prato e Pistoia – prosegue Bottino -. I tempi di ritorno da Roma dei progetti e autorizzazioni sono troppo lunghi. Per fare una pista di accesso a un fiume ( un sentiero, ndr) ci vogliono 6 anni. Per una cassa di espansione anche 20. Questo è il nemico maggiore » . Non tutti sono d’accordo, anzi. Mario Razzanelli, consigliere comunale di Forza Italia a Firenze, attacca i consorzi di bonifica: « Il medio Valdarno non ha svolto il proprio lavoro di ripulitura degli argini e di messa in sicurezza dei fiumi – dice -. Nel bilancio del Consorzio, su 25 milioni, 11 vannoalla manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua, 14 a ‘ servizi’, compresi gli 8 milioni in stipendi ai dipendenti del Consorzio, di cui 25 amministrativi. Occorre chiudere i 132 consorzi di bonifica in Italia e restituire i compiti alle Regioni » . Secondo punto: si è edificato lungo i canali, anche nei punti potenzialmente a rischio esondazione. A Campi Bisenzio la cementificazione è avanzata veloce: secondo le analisi dell’Ispra, è uno dei Comuni toscani in cui si è costruitodi più anche tra il 2021 e 2022. «Un evento così intenso è difficile da contrastare e il terreno, per il recente periodo climatico, non era neppure pronto ad assorbire tanta acqua – spiega Barbara Lastoria, ingegnera idraulico di Ispra -. Ma negli ultimi anni si è sottratta terra permeabile e il consumo del suolo incide su come le piogge si trasformano in quei flussi superficiali che provocano le inondazioni » . L’urbanizzazione ha tolto anche la possibilità di creare nuovecasse di espansione, spiega l’Anbi. «Gli spazi non ci sono più. Restano solo per opere più piccole: casse da 20 mila metri cubi per salvare 10 abitazioni. Abbiamo nel nostro comprensorio più di 100 casse di espansione e farne di nuove, pure nelle zone a monte, è complicato aggiunge Bottino -. Ho fatto l’appello ai vivaisti pistoiesi di pensare a degli spazi nelle loro proprietà dove invasare l’acqua quando è troppa, sarebbe un favore anche alla comunità » . La lente di ingrandimento torna su Campi Bisenzio: «Qui prima si allagavano i campi e non importava a nessuno, ora con le costruzioni degli ultimi decenni l’acqua entra nelle case. Ma questo è il luogo con più investimenti d’Italia. Quarrata e Campi per noi erano le capitali europee della resilienza » . Lastoria sottolinea che persino realizzare tanti argini ha delle conseguenze, perché i corsi d’acqua vengono costretti in spazi più ristretti e « questo aumenta la rapidità del flusso. Inoltre – spiega – questi argini diffusi per rimanere efficaci devono essere mantenuti e controllati: in un reticolo molto esteso è complesso. Anche la rimozione della vegetazione a monte va fatta selettiva e solo in parte affinché diminuisca la quantità d’acqua e rallenti i flussi». Serve infine un cambio culturale legato all’acqua. « La messa in sicurezza non esiste: questo concetto, sempre ripetuto, ha portato alle costruzioni a ridosso degli argini e a piani sotto il livello stradale. Ma i rischi ci sono sempre – aggiunge la responsabile dell’Ispra -. Servirebbe dislocare le attività altrove. Nessuno ha il coraggio di dire che quell’area non può essere edificata. E se c’è l’allerta arancione bisogna stare a casa e pensare di chiudere le strade a rischio. Bisogna spiegare perché si fanno certe opere di difesa, a volte ostacolate da altri interessi economici».