Gli ultimi sondaggi prima del silenzio sulle rilevazioni dicono che l’elezione è già decisa: il centrodestra si avvia a stravincere e la campagna elettorale finora non ha scalfito questa prospettiva. Il 26 luglio l’Istituto Cattaneo stimava una Camera con 141 seggi al centrosinistra, 29 al Movimento Cinque stelle e 228 al centrodestra (2 ad altri partiti). Ipsos di Nando Pagnoncelli, nell’ultimo sondaggio, ne assegna 249 al centrodestra, 82 al centrosinistra e 37 al Movimento Cinque stelle.
Non va meglio al Senato: a luglio per l’Istituto Cattaneo i seggi erano 68 del centrosinistra, 13 per il Movimento Cinque stelle e 117 per il centrodestra (2 per gli altri). Il calcolo di oggi di Ipsos è 121 al centrodestra, 43 al centrosinistra e 19 al Movimento Cinque stelle.
Un disastro senza consolazioni per il Pd e la sua coalizione, e pure i Cinque stelle di Giuseppe Conte possono consolarsi di non sparire ma sono destinati a una sostanziale irrilevanza.
La campagna elettorale che il segretario del Pd Enrico Letta voleva drammatizzare – “o noi o loro” – non ha spostato niente, anzi, nell’ultimo mese la destra si è rafforzata.
L’ILLUSIONE DEL CAMBIAMENTO
Le oscillazioni settimanali nei sondaggi che televisioni e giornali commentano non hanno alcun significato. E neppure è vero che “conta il trend”, quando si parla di variazioni di pochi decimali. La maggior parte dei sondaggi dichiara un margine di errore del 3 per cento.
Significa che la media nella popolazione italiana degli elettori di un certo partito, diciamo Fratelli d’Italia, potrebbe essere fino al 3 per cento maggiore o inferiore alla media registrata nel campione interpellato.
La spiegazione è semplice: immaginate di avere davanti 100 persone di altezza variabile, che in media sono alte 1,65 centimetri (si sommano le altezze di tutti e si divide per cento). Alcuni sono piuttosto bassi, molti sono tra il metro e sessanta e il metro e settanta, una minoranza sono sopra il metro e ottanta.
Se ne prendete tre a caso, potrebbe capitarvi di scegliere tre persone sopra il metro e ottanta, dunque potreste concludere, sbagliando, che la vostra popolazione (le 100 persone) hanno un’altezza media sopra il metro e ottanta.
Se il giorno dopo prendete un altro campione di tre persone che, casualmente, sono tutte sotto il metro e settanta, arrivereste a concludere che l’altezza media è più bassa. Ma non è che le cento persone della popolazione di riferimento si sono contratte da un giorno all’altro, semplicemente ne avete osservate tre diverse.
Nel concreto: se il campione di interpellati dichiara di votare Fratelli d’Italia al 25,1 per cento, la media nella popolazione è nella forchetta 22,1-28,1. Quindi se la settimana dopo il campione è con Giorgia Meloni al 26,1, non si può concluderne che FdI ha guadagnato un punto in sette giorni.
La precisione della misurazione non è sufficiente, potrebbe non essere cambiato nulla, potrebbe aver guadagnato voti o potrebbe perfino averli persi (il vero valore, la seconda settimana, è infatti nella forchetta 23,1-29,1). Semplicemente non lo sappiamo.
Le uniche variazioni significative emergono quando ricercatori diversi seguono metodi completamente differenti di indagine. E’ il caso di un recente sondaggio Cise/Iccp della Luiss che interpellava un campione mai testato prima e non soltanto sulle richieste di voto, ma anche su molte altre attitudini. I risultati sorprendenti (tipo Cinque stelle al 16,6 per cento), possono avere un margine d’errore anche superiore al 3 per cento, avverto i ricercatori.
QUESTIONE DI SEGGI
E comunque, altra avvertenza utile, le percentuali dei singoli partiti contano poco in una elezione in cui il grosso dei seggi viene assegnato da un sistema uninominale nel quale sono decisive le coalizioni. Il centrodestra ne ha costruita una che include i due partiti che hanno fatto cadere il governo Draghi (FI e Lega) e uno che ne è sempre stato all’opposizione (Fratelli d’Italia).
Il centrosinistra non è riuscito e non ha voluto provarci: quindi c’è una mini-coalizione centrata sul Pd alla quale erodono voti dal centro il terzo polo di Azione e Italia viva e da sinistra i Cinque stelle.
In questo contesto, la sconfitta è sempre stata inevitabile, e anche la sua entità non sembra essere in discussione: può essere pesante o disastrosa, ma è certa.
L’unica incognita che rimane nei sondaggi è la quota degli indecisi, almeno il 21 per cento nell’indagine Demopolis per Otto e mezzo su La7. Difficile che si muovano in modo da ribaltare i rapporti di forza, alcuni sondaggisti pensano che sia più probabile un effetto “sciame”, cioè che vadano in massa verso il polo più attrattivo, oggi Fratelli d’Italia.
Restano pochi elementi sorpresa, tipo quasi quattro milioni di ragazze e ragazzi tra i 18 e i 25 anni che per la prima volta possono votare anche per il senato.
IL PIANO B
Anche in uno scenario miracoloso, se il Pd di Enrico Letta recuperasse 10 punti, renderebbe contendibili 60 seggi, con la speranza di vincerne 10 o 15, se recuperasse 5 punti i numeri si dimezzano. Cambierebbe ben poco. E adesso che succede? Qual è il piano B a sinistra?
Più che sognare improbabili ribaltoni prima del voto, meglio affrontare le domande vere: dopo la sconfitta il centrosinistra è unito tra Pd e Cinque stelle e terzo polo?
Quando Salvini e Meloni esploderanno, ed è solo questione di tempo, l’obiettivo è tornare al governo subito con chiunque (magari con Fratelli d’Italia nel ruolo che ha avuto la Lega in questa legislatura) o consolidare la propria identità dall’opposizione?
Meglio iniziare a pensarci subito, invece che aspettare miracoli.