Ma di “posizionamento” di un’ulteriore difesa aerea, sostegno e altri supporti bellici in Germania e in Italia” parla una scheda informativa della Casa Bianca che riepiloga gli sforzi americani “per rafforzare l’Alleanza dopo la guerra in Ucraina”. Sostegno non meglio precisato alla deterrenza e alla difesa Nato e che esulano dai missili Usa a lungo raggio annunciati dal 2026 a Berlino e indicati in un capitolo a parte della stessa scheda. In Italia la richiesta formale non sarebbe arrivata, ma che se ne parli è “già un tentativo di buttare là la notizia perché si percepisca il cambio di approccio, il tono di escalation”, spiega Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, che vede anche nell’annuncio della costruzione di nuove armi ipersoniche da parte degli Usa un modo per agganciare Berlino e Roma così da non incrinare il fronte per la linea dura contro Mosca”. Ma dietro alle nuove mosse che portano a quello che non solo Vignarca definisce “ritorno alla Guerra fredda” c’è, come per l’annuncio dell’accordo italiano con Francia, Polonia e Germania, un richiamo all’industria delle armi: c’è bisogno di più armamenti, producetene’”. Ultimo ma non ultimo, la preparazione dell’opinione pubblica a un’escalation e il gioco della minaccia e contro-minaccia con la Russia. “Al contrario parlare di pace vuole dire spingere anche per il ritorno al Trattato anti-missili nucleari a medio raggio (Inf) stralciato nel 2019 da Putin e Trump. Mentre – ragiona Vignarca che con la Rete disarmo è pronto a una battaglia contro il dispiegamento dei missili – si torna al double track (doppio binario: dispiegamento di missili e produzione di armi e al contempo strategie per il disarmo). Ma non funziona”.
L’Italia che aspetta
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