ONel corso della sua illustre carriera, Caroline Moorehead ha creato un’opera varia ma anche tematicamente coerente. Oltre a scrivere di donne pioniere – Freya Stark, Iris Origo, Martha Gellhorn e Lucie de la Tour du Pin – si è anche concentrata su pacifisti, rifugiati e deportati. I suoi libri sono accademici e leggibili perché sembra sempre in grado di trovare storie che uniscono storia e diritti umani, coraggio femminile e antifascismo (o anche anticonformismo).
Edda Mussolini è, forse, un argomento a cui è più difficile scaldarsi. Primogenita di Benito Mussolini con Rachele Guidi, Edda è nata nel 1910, ei suoi primi anni sono stati segnati da povertà, percosse e instabilità. Suo padre era molto spesso assente, sia in guerra che al lavoro, in prigione o in ospedale. Durante le visite in prigione, a Edda è stato apparentemente insegnato ad abbracciarlo in modo che potesse passare i suoi articoli incendiari a sua moglie. In seguito ha detto di se stessa: “Ero scalza, selvaggia e affamata… una miserabile bambina”.
I suoi genitori hanno imposto lo stoicismo, vietando qualsiasi manifestazione di vulnerabilità, e mentre assisteva a ripetuti litigi tra di loro (invariabilmente sulle infedeltà di suo padre), Edda è diventata emotivamente fredda. Moorehead la descrive come “mercuriale”, “enigmatica” e “intelligente”. Aveva gli occhi a proiettile e i lineamenti severi di suo padre, uno “sguardo farosco e provocatorio”. “Sono riuscito a piegare l’Italia alla mia volontà”, disse una volta Mussolini, “ma non piegherò mai Edda”.
Poi, all’improvviso, si è trovata – nell’adolescenza – figlia non di un fanatico indigente ma del dittatoriale Duce d’Italia. Mussolini ed Edda avevano uno stretto rapporto – era chiaramente la sua figlia prediletta – ma era in competizione con centinaia di altre donne per le sue attenzioni. Molto più della sua solitaria madre, Edda era la “first lady” del regime, corteggiata e festeggiata. A 19 anni era sposata con un uomo che era lui stesso un donnaiolo compulsivo, Gian Galeazzo Ciano.
La coppia è stata inviata a Shanghai, dove i loro vizi sono diventati molto evidenti: Ciano ha inseguito ripetutamente le donne ed Edda che ha bevuto gin tutta la notte e ha perso ingenti somme a poker. Sempre stoica, si è allenata a non essere gelosa e c’erano molti pettegolezzi sulle sue avventure e affari. Ciano ed Edda erano la coppia d’oro del regime, ma dietro la facciata alla moda erano l’opposto dei ruoli di genere fascisti: Ciano era indeciso, vanitoso e pigro, Edda selvaggia e non materna – “un gatto selvatico… caparbio, ribelle, strano e irrequieto”. Ha abbuffato perché era abbastanza intelligente da sapere che l’epilogo del regime sarebbe stato oscuro: “Dobbiamo privarci di nulla perché sappiamo che la ghigliottina ci aspetta”.
Moorehead, forse saggiamente, non tenta molto la psicoanalisi, ma in tutto il libro c’è un tentativo di capire questo personaggio volubile ed enigmatico. Era sempre molto a suo agio sia a migliaia di miglia da Roma, in Cina, sia su isole lontane dalla terraferma, come Capri e Lipari. Era spesso svogliata, alzandosi solo all’ora di pranzo dopo un’altra notte pesante, ma era anche eccitata dal lavoro come infermiera. Era al centro del potere, ma era quasi impotente. “Questa è la tragedia dei figli di grandi uomini”, ha scritto un osservatore contemporaneo di Edda. “O sono imitazioni o miserabili vagabondi.”
Edda, a quanto pare, era un po’ entrambe le cose. Irrequieta e facilmente annoiata, viaggiava molto, ma spesso come emissaria del padre, al quale era inevitabilmente paragonata: anche lei era arguta, caustica, soggetta a problemi digestivi e violenti sbalzi d’umore. Eugen Dollmann, un tedesco residente a Roma che si unì alle SS nel 1937, disse di lei che era “astuzia intelligente, capricciosa come una cavalla selvaggia e dotata di una bruttezza purosangue”. Soprattutto aveva “occhi Mussolini che irradiavano tutto e tutti quelli che guardavano”.
Ciano divenne ministro della stampa e della propaganda di Mussolini nel giugno 1935 e poi, un anno dopo, ministro degli Esteri, carica che mantenne per quasi sette anni. Ciano ed Edda non erano solo un’affascinante coppia di potere; sono stati al centro del processo decisionale italiano in un periodo cruciale della storia europea. Parte del piacere di questo libro avvincente sta nell’osservare una storia familiare da una prospettiva diversa: vediamo sia Ciano che Mussolini esitare mentre Edda stessa li esorta a gettarsi nella loro sorte con la Germania: “Questa neutralità sembra così disonore”, la rimproverò padre. Edda, disse compiaciuto Hitler, «è il più tedesco di tutti gli italiani».
La traiettoria narrativa è qualcosa come un incrocio tra un film di Martin Scorsese e una tragedia greca: l’onnipotenza, le feste e le scappatelle carnali lasciano lentamente il posto a faide, esecuzioni e omicidi per vendetta. Sabato 24 luglio 1943, alla 187a ed ultima riunione del “gran consiglio” del fascismo mentre la guerra volgeva la strada agli alleati, Ciano votò contro il suocero, debitamente arrestato e incarcerato in Abruzzo montagne. Mussolini fu successivamente salvato dai paracadutisti tedeschi e insediato come dittatore fantoccio nel nord Italia, al governo della spietata Repubblica di Salò. Ciano, a sua volta, fu arrestato e, nonostante le richieste di grazia di Edda (che accusava il padre di essere Ponzio Pilato), fu giustiziato. «Lo stesso Mussolini», scrive Moorehead, «aveva effettivamente ucciso il marito del bambino che amava.Quando il nonno fece sparare a papà .)
Edda fuggì in Svizzera, dove rimase nascosta sotto falso nome. Ha cercato di salvare e vendere gli eloquenti diari di Ciano che dettagliano anni di trattative con alleati e nemici dell’Italia. Nell’aprile 1945 suo padre fu arrestato e rapidamente giustiziato. “Nel giro di 15 mesi”, scrive Moorehead, “Edda aveva perso il marito, giustiziato con la connivenza di suo padre; e suo padre, giustiziato dai partigiani. Aveva 34 anni, tre bambini piccoli, tutti rifugiati, e non aveva idea se sua madre, sua sorella e due fratelli fossero vivi…”
Il libro si conclude quasi con la fine della guerra. Ci sono due dozzine di pagine sul resto della vita di Edda: la sua sincera relazione con un comunista, i suoi anni solitari, sebbene impenitenti, da cittadina “normale” e il sottile mantenimento della posizione della famiglia negli ambienti neofascisti, soprattutto quando, in 1957, la salma di Mussolini viene finalmente sepolta nella cripta di famiglia a Predappio.
È una testimonianza della prosa precisa ed empatica di Moorehead che Edda emerge non come il rampollo diabolico del Duce, ma come un essere ferito e fragile. Ci sono molti aggettivi piccanti e rapidi per i personaggi della storia, ma quando si tratta di Edda c’è sfumatura e paradosso: lei appare non solo un abilitatore e beneficiario dei crimini fascisti, ma anche la loro vittima. Si tratta di una lettura profondamente soddisfacente, seppur malinconica e, vista la recente vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni italiane, di preoccupante attualità.
Tobias Jones vive in Italia. Il suo ultimo libro è The Po: An Elegy for Italy’s Longest River (Head of Zeus, £25)
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