LA TIMIDEZZA DELLA DESTRA
Dunque la Destra ha ragione nel voler ribaltare questo stato di cose: ma mi sembra che il suo errore, finora, stia in un eccesso di timidezza – invece che affrontare il problema alle radici, si limita a rinfacciare alla Sinistra i suoi tic più superficiali (il gender, lo schwa, l’inclusività senza limiti o discussioni).
Che certo non sarebbero superficiali se fossero digeriti dalla Sinistra non come vuoti slogan ma come smontaggio necessario dei rapporti di potere fossilizzati, solo che allora si dovrebbe parlare di una questione primaria, appunto, come quella delle ragioni del conservatorismo di fronte a una mutazione dagli esiti incerti. Invece mi pare che ci si perda in una specie di grottesca battaglia dei topi e delle rane: Dante era di destra o di sinistra? e Leopardi, che derideva il riformismo toscano ma negava col suo pessimismo di “malpensante” ogni consolazione e sosteneva che “il male è nell’ordine”?
E Montale, rigoroso antifascista negli anni Trenta ma equidistante nei Cinquanta dal “chierico rosso o nero”? e Wagner, rivoluzionario della musica che fa venir voglia (secondo una famosa battuta di Woody Allen) di “invadere la Polonia”? e Visconti tra La terra trema e Ludwig?
Come figurine che ci si butta in faccia, tornando all’infausta terminologia degli anni Settanta, fasci contro zecche.
Ora al potere non c’è più una forza composita e mediatrice come la Dc, c’è un partito erede dell’unica parte dello schieramento parlamentare che non può annoverare la Resistenza nel proprio pedigree; e anzi, ha tentazioni revansciste nei confronti di chi per molti anni lo ha emarginato e demonizzato, spingendolo nell’angolo della rima “fogne/ carogne”.
Proprio per questo, però, credo che la sua mossa seria sul piano culturale non sia la rassicurazione a oltranza di aver fatto i conti col fascismo, di aver ripudiato le leggi razziali eccetera; né l’arroccamento dietro bandiere ormai sbiadite come disciplina, Dio, famiglia.
Credo che dovrebbe recuperare all’indietro la cultura di destra che esisteva prima del fascismo, dai tempi post-rivoluzionari francesi all’inizio del Novecento.
Credo che dovrebbe, per esempio, sottoporre a critica serrata il principio di uguaglianza, elaborare una teoria delle élites 2.0, riflettere sulla necessità della guerra, esprimere perplessità (perché no ?) sul principio stesso di rappresentanza democratica, rivedere la retorica dell’amor di patria alla luce dei mutamenti del quadro geopolitico mondiale.
Una Destra così disponibile a esporsi senza infingimenti tattici indurrebbe forse anche la Sinistra a riesaminare i propri totem ormai ridotti e etichette.
Senza contare, se vogliamo tornare al tema dell’egemonia culturale, che l’entità più vicina all’idea gramsciana è in questo momento la tecnologia. |