Tendenze
mirella serri
Che intimo indossiamo per San Valentino? Pizzo rosso, reggicalze in tinta e così via, le proposte per gli acquisti non ci mancano. Ma se per la festa degli innamorati ci regalassimo – oltre alle mise più seducenti – anche un bel romanzo d’amore? Siamo inattuali se ci facciamo abbindolare dalle saghe di cuori spezzati, di incontri inattesi tra maschi vigorosi e splendide single dagli occhi allungati, da scambi di persona e da bambini rifiutati e poi ritrovati? Il romanzo stile Harmony o il racconto alla Delly sono vecchi arnesi ormai superati? Superati persino dal festival di Sanremo che, per restare nell’ambito della cultura di massa, è ben più all’avanguardia con il gender fluid di Rosa Chemical?
Bestseller mondiali
Stando, però, alle cifre, il bestseller è oggi più che mai di colore rosa e surclassa, alla grande, tutti gli altri generi narrativi. Chi è la scrittrice che ha venduto più copie nella storia dell’editoria, dopo Shakespeare e Agatha Christie? Danielle Steel, classe 1947, proprio di recente ha superato i 680 milioni di copie smerciate in tutto il mondo, con traduzioni in 69 paesi. Le sue storie ambientate in dimore rococò, da Parigi alle confortevoli case di campagna nel Michigan, fanno sognare, con personaggi che vestono in bianco e scoprono bugie, misteri e passioni. Anche in Italia questa narrazione, che un tempo veniva definita per signore e signorine, sbaraglia le classifiche. La regina è Sveva Casati Modignani: in oltre 40 anni di carriera è la più amata, con oltre 12 milioni di copie vendute e tradotte in venti paesi. Uno dei suoi ultimi libri è L’amore fa miracoli: il titolo è tutto un programma e Sveva, con le sue 84 primavere, è più moderna che mai. Dichiara di apprezzare la convivenza e di rifiutare «l’istituzione matrimonio che era stata pensata in un’epoca nella quale la donna doveva passare dalla tutela del padre a quella del marito».
L'”onesta gallina”
Ma questo genere così apprezzato ammalia solo pantere grigie? Macché. Erin Doom è lo pseudonimo di un’under trenta, emiliana, che preferisce mantenere l’anonimato e appartiene alla Generazione Z che la esalta e la legge. Ha esordito su Wattpad, la piattaforma di social reading più famosa al mondo, con il nickname DreamsEater. Grazie a TikTok e al passaparola, tra i giovanissimi ha smerciato circa 450 mila copie del suo primo romanzo, Fabbricante di lacrime (si svolge in «un mondo dove nessuno era capace di piangere… e nelle lacrime si cela l’amore e il più compassionevole degli addii»), con una trama densa (e un po’ melensa), fitta di emozioni. Insomma il racconto rosa – inaugurato in Italia da Carolina Invernizio (che Gramsci definiva «onesta gallina della letteratura popolare») e poi rilanciato da Liala, Brunella Gasperini e Maria Venturi – oggi continua la sua corsa con numerose altre giovani scrittrici d’amore. E’ una narrativa che possiamo considerare progressista? Adesso ha conquistato anche molti ragazzi di sesso maschile e le città dove il rosa trionfa sono al Nord, con in testa Bolzano. E’ forse allora una scrittura che sollecita al pensiero critico o alla comprensione delle diseguaglianze sociali, che pure vi vengono rappresentate? Oppure rafforza un orientamento passatista e retrivo? In Italia il libro rosa, ci ha spiegato Umberto Eco, ha avuto un peso culturale assai rilevante agli inizi del Novecento per far nascere la coscienza nazionalista e reazionaria negli italiani: «Il Superuomo – scriveva – appare nelle pagine del romanzo popolare populista e democratico, come portatore di una soluzione autoritaria (paternalistica, autogarantita e autofondata) delle contraddizioni della società, sopra la testa dei suoi membri passivi». Il romanzo popolare, ai suoi occhi, non creava nulla di nuovo, «poiché il lettore vuole trovare tra le sue pagine la conferma di ciò in cui crede, un ritorno a se stesso e alle proprie convinzioni, innescando un altro meccanismo, che è quello della consolazione».
La mamma della premier
Però dopo i ruggenti anni Settanta e i movimenti femministi, alla fine degli anni Ottanta tutto cambia e anche la figura eroica non è più quella maschile. Arrivano le eroine, come negli scritti di Anna Paratore, firmati con gli pseudonimi Josie Bell e Amanda King. La Paratore è la madre della premier Giorgia Meloni. Difesa dall’anonimato ha prodotto oltre 200 opere. Un’enorme mole di racconti che dà una forte impronta innovativa al genere rosa: vi immette, fra le prime, tanto eros e peperoncino amoroso. Le sue fanciulle – cinesi con gli zigomi alti, gli occhi verdi e le labbra tumide, irlandesi con le lentiggini e messicane calienti – sono Superwomen, corrispettivi femminili dell’eroe idolo delle masse. Pronte però, come vuole la sua mentalità conservatrice, ad arrendersi al maschio dominatore al primo approccio («Nicolaj voltò la testa verso di lei a incontrare la sua bocca. Il bacio fu un contatto esplosivo mentre la lingua dell’uomo si insinuava tra le sue labbra») fino alle successive mosse («La sistemò a cavalcioni sulle gambe. Infilò le mani sotto la sua gonna e si avventò sotto le mutandine»).
La tradizione vince
Anche negli anni Duemila il racconto alla Carolina Invernizio vende e stravende perché alla fine soddisfa tutti pure in politica, destra e sinistra, vecchi e giovani. Il rosa dunque cambia ma alla fine è ancorato alla tradizione, non ci modifica, ci conferma e ci consola nelle nostre convinzioni. Se vogliamo immergerci nelle novità, dal gender fluid al femminismo più avanzato, allora la letteratura non manca, ma sicuramente non è rosa.