Il Tesoro
Mercoledì in asta titoli di Stato fino a 5,25 miliardi
Fabrizio Goria
Fino a trentasei miliardi di Btp in meno nel portafoglio della Banca centrale europea. L’impatto della restrizione del bilancio da parte della Bce, il cosiddetto Quantitative tightening (Qt), può costare fino al 10% delle nuove emissioni di titoli di Stato italiani per il 2023. Certo, spiegano fonti interne a Francoforte e fonti bancarie, la flessibilità sarà elevata. Così come la gradualità nel mancato reinvestimento degli asset in scadenza comprati attraverso l’Asset purchase programme (App). Ma il percorso di Francoforte potrebbe creare qualche sussulto sui rendimenti dei governativi italiani. Che presto potrebbero finire sotto pressione.
A marzo si inizia. E fino al 23 giugno il ribilanciamento sarà da 15 miliardi di euro al mese. Poi il ritmo aumenterà, tra i 26 e i 30 miliardi di euro mensili di mancati reinvestimenti. Lo ha lasciato intendere il governatore del Banque de France, François Villeroy de Galhau, poche settimane fa. E lo ha ribadito la presidente Christine Lagarde nell’ultimo intervento al Parlamento europeo. Analizzando i dati di Refinitiv, primaria società di intelligence finanziaria, la media storica di acquisti avvenuti nell’ambito dell’App è stata di 25,5 miliardi di euro. Osservando invece il peso dei Btp nel Qt, l’evidenza è che ci sono tra i 24 e i 29 miliardi di euro, titoli che andranno a maturità nel 2023 e sono nel bilancio della Bce, che potranno essere «non reinvestiti». In altre parole, si dovrà trovare un compratore diverso da Francoforte.
La mancanza del cappello protettivo della Bce può spaventare, ma è fisiologico. E il conto per l’Italia non è più elevato rispetto ad altri Paesi. Nominalmente, ci sono 212 miliardi di euro di titoli di Stato, acquistati dall’App, che vanno in scadenza nel 2023. La fetta maggiore, in base ai capital key (le quote che ciascuna banca centrale nazionale detiene dell’azionariato della Bce), spetta alla Germania, 56 miliardi di euro. Segue la Francia con 43 miliardi, e poi arriva l’Italia, con 36 miliardi. Medaglia di legno in questa speciale classifica per la Spagna, con 25 miliardi. Ciò però non significa che il percorso sarà costante mese per mese. Anzi. La velocità di esecuzione del Qt, come spiega una fonte interna della Bce, «sarà decisa in base alle condizioni di mercato». Questo perché, spiega, «si vuole limitare il più possibile l’esposizione a squilibri che possano danneggiare il corretto trasferimento della politica monetaria». Del resto, come fatto notare su queste pagine dal presidente della De Nederlandsche Bank (DNB), Klaas Knot, la banca centrale europea non ha mai condotto una restrizione del proprio bilancio. Il territorio, quindi, è inesplorato. Inoltre, non è detto che tutto l’ammontare di obbligazioni governative italiane in portafoglio dell’App che scadono nel 2023 non sarà reinvestito. Secondo Goldman Sachs, è possibile che la cifra sia inferiore rispetto a totale. Nello specifico, potrebbe essere compresa tra i 25 e i 29 miliardi di euro. Un valore confermato in via informale da più di una fonte della Bce.
La certezza è che l’attuale normalizzazione andrà avanti. «Bisogna tirare dritto», continua a ripetere Lagarde. Così sarà. E se si valuta il portafoglio App in scade nel prossimo anno, troviamo uno scenario ancora più incisivo per l’Italia. Sui 233 miliardi di euro complessivi, che diventano 385 miliardi se oltre all’App si considera il Pandemic emergency purchase programme (Pepp) lanciato all’inizio della pandemia di Covid-19, il peso dell’Italia sale a quota 40 miliardi per il solo App e a 26 miliardi per il Pepp. Totale, 65 miliardi. La Germania vale 101 miliardi (61 nel portafoglio App, 40 nel Pepp), la Francia 79 miliardi (48 per l’App, 31 per il Pepp). E sono cifre che, in un’ottica di lungo periodo, sono cruciali.
Il percorso di Francoforte partirà con le azioni sull’App, e sulla base di quello sarà possibile calibrare gli interventi sul Pepp. I quali, salvo sorprese, inizieranno nel corso del 2024. In tal senso, la stampella della Bce a supporto dell’Italia, e degli altri Paesi dell’area euro, verrà meno. «Un processo inevitabile», fanno sapere dall’Eurotower. E che i mercati stanno già prezzando, come si nota dai rendimenti dei titoli di Stato, con un parziale ritorno del rischio-Paese. I problemi potrebbero nascere qualora ci siano particolari fibrillazioni su una singola nazione, fatto non escludibile. In quell’ottica, lo scenario di alto debito, bassa crescita ed elevata inflazione potrebbe mettere l’Italia sotto stretta osservazione da parte dei mercati finanziari.