Obbligo di intervento su 1,8 milioni di edifici
15 Marzo 2023Un salto all’indietro
15 Marzo 2023
di Massimo Franco
È significativo che sia stato il presidente Stefano Bonaccini, e non la nuova segretaria, Elly Schlein, a far sapere che nel Pd la componente cattolica si troverà «a casa propria». E la spartizione delle cariche avvenuta all’assemblea di domenica sembra fatta anche per rassicurare una nomenklatura inquieta, rassegnata a rimanere per mancanza di alternative: sebbene i nuovi equilibri sanciscano la fine dell’amalgama tra postcomunisti e post-dc, all’origine di Ulivo e poi Pd.
La maggioranza del partito è connotata da un’identità che tende a ufficializzare una miscela di cultura radicale e di sinistra. Lo dimostra la scelta dell’agenda sociale; l’attrazione che il grillismo e alcune posizioni anti-Nato, di sinistra e di destra, esercitano sulla stampa cattolica e parte delle associazioni cattoliche; e la deriva pacifista che dietro la condanna di Vladimir Putin per l’invasione dell’Ucraina, invoca poi una tregua che prescinde dai rifiuti di Mosca.
È un approccio scelto facendosi scudo del Papa, che però si muove legittimamente su un piano religioso, non politico. Dopo la nettezza con la quale la segreteria di Enrico Letta ha appoggiato gli aiuti militari a Kiev da parte del governo, oggi l’approccio appare più sfumato. Schlein ha confermato la linea atlantista, seppure con toni meno perentori. E nella nebulosa cattolica non si riesce a captare nessuna voce che rivendichi pienamente le ragioni dell’Ucraina: né a livello episcopale né politico.
Sul lato opposto c’è Giorgia Meloni, espressione di un cattolicesimo atlantista di destra agli antipodi rispetto a quello del Pd. Lunedì scorso, presentando un libro alla Civiltà cattolica col segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, si è visto quanto Meloni e il governo siano distanti dalla linea ufficiale della Chiesa. Il problema, tuttavia, in entrambi i casi è di un mondo cattolico, di una Cei e di una Santa Sede più divisi al loro interno di quanto appaia, nonostante il silenzio e gli appelli alla pace: schermi usati per velare differenze profonde.
Su immigrazione, politica estera, valori, in realtà ristagnano divergenze che spiegano come mai negli ultimi anni sia cresciuta l’irrilevanza cattolica in Italia; e come mai quell’area non riesca a esprimere una posizione univoca. C’è chi ha nostalgia di un mitico «centro», come spazio di nuove aggregazioni. Ma non si vede su che basi si possa costruire. Mancano sia l’unità politica e culturale, sia le condizioni internazionali che renderebbero credibile un’operazione del genere. E i vescovi sono i primi a saperlo. Rimangono le posizioni di rendita del potere. Su uno sfondo di subalternità, però, in attesa di una prospettiva della quale non si scorgono né i tempi né i contorni.