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di Mauro Bonazzi
Le origini di una concezione dinamica del materialismo
Studente non proprio disciplinato — una volta fu arrestato per ubriachezza e schiamazzi notturni, un’altra si ferì in un duello — Karl Marx fu e rimase un lettore onnivoro. Così era stato negli anni giovanili, quando invece di studiare diritto si era appassionato a Hegel, e così sarebbe stato in tarda età, negli anni dell’esilio londinese, quando trascorreva le sue giornate tra gli scaffali della British Library. Se il suo spettro ha agitato le notti di molti, non è solo perché il suo pensiero dava voce a un’esigenza di giustizia da sempre parte integrante dei bisogni umani. Il fatto è che dietro alle sue idee si nasconde una potenza di pensiero davvero rara, capace di superare i confini tra saperi, per arrivare a cogliere il «movimento reale» delle cose.
Spesso osteggiato, non solo per le idee politiche, ma proprio per la sua libertà intellettuale, dagli economisti per le idee eterodosse in economia, dai filosofi perché poco filosofo, Marx è semplicemente un grande pensatore. Lo testimonia anche uno dei suoi primi lavori, la dissertazione dottorale che Laterza ha appena riproposto con il titolo Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro, corredata da un lungo saggio di Luciano Canfora, un piccolo libro nel libro.
Folgorato dalla filosofia e incoraggiato dall’amico Bruno Bauer (il San Bruno de L’ideologia tedesca: l’amicizia non durò a lungo), Marx accarezzò l’idea di una carriera accademica, lanciandosi nello studio del pensiero antico. L’idea di dedicarsi agli antichi in sé non era sorprendente, visto che in Germania quelli sono gli anni di un culto per il mondo greco che sfiora l’ossessione. La scelta di Epicuro, però, è tutt’altro che banale, come spiega Canfora con grande chiarezza. Intanto perché significa rivolgere l’attenzione a un periodo, quello ellenistico, di solito considerato come di decadenza rispetto alla grande stagione del V-IV secolo ateniese. E ancora di più perché Epicuro è un pensatore da sempre bistrattato, e ancora di più in un’epoca dominata da Platone e dal platonismo: per Hegel, il «Proclo tedesco», il suo sistema filosofico è «guazzabuglio». Lungi dal riflettere interessi solo eruditi, ritornare su Epicuro offre a Marx lo spunto per iniziare il suo corpo a corpo proprio con Hegel e la filosofia del suo tempo.
Il contesto
In Germania nell’800
c’era un culto ossessivo
per i grandi pensatori
dell’antica Grecia
Il problema non è, come si potrebbe pensare, politico. In discussione è l’atomismo, e più in generale un approccio scientifico alla realtà. In altre parole, la concezione materialista. Per Hegel una concezione erronea, e una copia maldestra dell’atomismo di Democrito; per Marx una concezione veritiera, e ben diversa da quella democritea. Su un punto Marx ha ragione: Epicuro non copia Democrito. Perché Democrito è un metafisico, che cerca di ovviare ad alcune difficoltà sollevate da Parmenide. Distinguendo tra l’essere e il non essere, Parmenide aveva offerto una chiave di lettura affascinante per svelare la struttura nascosta della realtà. Ma la divisione tra essere e non essere rischiava di risultare troppo generica: come rendere conto della varietà della realtà a partire da questi due principi soltanto? La teoria di Democrito è un tentativo di rispondere a questa domanda: i suoi atomi, invisibili, eterni, incorruttibili, altro non sono che la versione al plurale dell’essere parmenideo. Sono principi metafisici. Ben diverso è il caso di Epicuro. Con lui, più che di atomi e vuoto si deve parlare di corpi e vuoto. Il dato di realtà iniziale sono i corpi: il mondo è fatto di corpi che agiscono e reagiscono. Viene così meno il dualismo di realtà (vera) e apparenza (fallace): Epicuro è il primo materialista della storia, e Marx lo mostra con dovizia di argomenti. Si arriva così al cuore del problema.
Per Hegel il materialismo della filosofia epicurea è la conferma del fatto che il suo pensiero non abbia alcuna «profondità teoretica». E per Marx? Per Marx è il contrario, ed è l’inizio di una riflessione originale sul concetto di materialismo, che non può essere tradotto nei termini di un semplice meccanicismo di corpi che si aggregano e disgregano. Diversamente, come spiegare il principio della vita? Attento lettore di Lucrezio, Marx intuisce che la famigerata tesi del clinamen, della improvvisa e inspiegabile deviazione a cui gli atomi sarebbero sottoposti, è proprio il tentativo epicureo di rispondere alla questione. In qualche modo oscuro negli atomi c’è una potenzialità — Lucrezio usa un termine sconcertante, voluntas (volontà), che Marx rende con «autocoscienza»; noi potremmo dire energia — che pure concorre alla costituzione della realtà.
Canfora ha ragione: più che al meccanicismo illuminista settecentesco, Marx guarda al vitalismo ottocentesco, espresso ad esempio da Schelling, l’altro grande idealista del tempo. Lavorando su Epicuro, inizia così a riflettere su una concezione dinamica del materialismo. La politica è ancora lontana, ma queste idee non mancheranno di dare frutti inattesi quando Marx passerà a occuparsi del mondo umano.