È una delle ossessioni di Matteo Salvini. Ed è stato il motivo per cui Giorgia Meloni se n’è andata dal Popolo delle Libertà, dopo averla votata – a detta sua per “indicazioni di partito”. Parliamo della Legge Fornero, la norma che tutti vogliono abolire ma che finora nessuno è riuscito a cancellare. E nemmeno nel Documento di Economia e Finanza che ieri il governo ha consegnato alle stampe si parla mai di riforma pensionistica e tantomeno dell’abolizione della Fornero. È ancora lei la grande assente, dopo essere stata la grande protagonista della campagna elettorale.
Il più aggressivo, come sempre, è stato Matteo Salvini che nel suo programma ha dedicato un capitolo intero – a dire il vero un po’ vago – alle pensioni. La riforma dell’allora ministra del Lavoro del governo Monti deve essere cancellata perché “sostanzialmente allunga i tempi per andare in pensione”. E una volta salito al governo Salvini ha ribadito che “è una promessa che, costi quello che costi, porteremo fino in fondo”. E qui sta il problema, perché il costo è il vero motivo per cui è difficile abolire la Fornero, soprattutto in un ministero delle Finanze come quello guidato da Giancarlo Giorgetti che si vuole ispirare, sostenuto anche dalla Meloni, a criteri di prudenza e sostenibilità.
Meloni, del resto, ha un approccio più cauto: la Fornero va abolita ma non possiamo pensare di tornare al passato. Nessuno dei due però, né Salvini, né Meloni, hanno avanzato una proposta seria e concreta per superare la Fornero, perché senza adeguati tagli alla spesa significherebbe far alzare il debito pubblico italiano in un contesto europeo in cui si sta andando a rivedere il Patto di stabilità.
La Riforma Fornero aveva l’obiettivo di contenere la spesa pubblica attraverso l’abbattimento della spesa pensionistica che, rispetto agli altri Paesi europei, in Italia ha una delle più alte incidenze sul Pil: nel 2022 si è attestata al 15,6% con un valore assoluto di 296 miliardi di euro, un peso che secondo le proiezioni contenute nel Def continuerà a crescere inesorabilmente fino al 2040 quando raggiungerà un picco del 17%. Da lì in poi la curva inizierà a scendere, proprio, come sostiene lo stesso Def, grazie alle misure previste dalla Fornero e dagli interventi legislativi del 2004 e del 2011 che hanno elevato l’età pensionabile e favorito una maggiore equità tra le generazioni.
Secondo un calcolo della Corte dei conti, tutte queste misure hanno portato a un risparmio pari a circa all’1% del Pil annuo. Nessuna manovra economica di nessun governo sarà mai in grado di trovare risorse simili, soprattutto se calcolate su lunghi periodi. Anche perché la tendenza demografica dell’Italia pende a favore degli anziani, e non dei giovani, rendendo per una questione di bilanciamento tra chi paga i contributi e chi riceve le pensioni, ancora più difficile accorciare l’età del meritato riposo.
Gli ultimi governi hanno cercato di attenuare gli effetti della Fornero sui pensionandi, introducendo per opportunità elettorali le famigerate quote, che come sottolinea il Def non hanno fatto altro che aumentare la spesa pensionistica. Oggi, secondo quanto stabilito dalla Fornero, si va in pensione, uomini e donne, a 67 anni con almeno 20 anni di contributi, oppure con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne indipendentemente dall’età. Soglie importanti se si pensa che i sindacati d’Oltralpe stanno mettendo a ferro e fuoco la Francia perché Macron ha alzato l’età pensionabile a 64 anni.
Il governo Conte 1, in cui Salvini era vice premier, ha introdotto quota 100 permettendo di andare in pensione con 62 anni e 38 di contributi, una soluzione ripresa dal governo Draghi, sostenuto da una coalizione di cui Salvini faceva parte, con quota 102 (64 anni e 38 di contributi) e nuovamente dal governo Meloni con quota 103 (41 anni di contributi e 62 anni di età).
Si tratta di una serie di sconti, pagati dai contribuenti che hanno mirato soprattutto al consenso elettorale e che si basano su un’ottica di breve periodo che penalizza i giovani: per loro perfino la pensione a 67 anni resta un miraggio, perché, come impone la Fornero, l’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita, non farà altro che alzare il traguardo della pensione.