Mps e la creazione di un terzo polo bancario
6 Giugno 2023News
6 Giugno 2023di Pierluigi Piccini
L’attacco sguaiato della Ferretti alla compagine civica guidata da Pacciani (che secondo lei sarebbe “destrorsa”) e l’ennesima accusa nei confronti del sottoscritto (foriero di presunto odio e di veleno contro il Pd!) è il colpo di coda, a pochi minuti dalla sconfitta, di una candidata che proprio non riesce a comprendere i propri errori. La signora ha dovuto constatare che molti elettori di Sinistra hanno cercato rifugio in una compagine civica, non hanno votato o hanno annullato la scheda. Ci sarebbe da chiedersi perché, invece di continuare a usare toni sprezzanti nei loro confronti, come invece ha fatto per tutta la campagna elettorale la Ferretti. Disprezzo che ha determinato persino un risentimento, da parte di alcuni elettori, nei confronti della candidata e dello stesso Pd. Viceversa, si vuol far credere che, quanto accaduto, sia come il frutto di un perfido calcolo, di un complotto (così si crea l’alibi della sconfitta). C’è poi l’aggravante del sottoscritto accecato dalla presunta acredine nei confronti del Partito Democratico, sebbene i fatti dimostrano il contrario. Nel 2018 la lista Per Siena si è schierata al secondo turno con il Centrosinistra, vedendo in Valentini un possibile alleato contro il trasversalismo tuttora imperante, allora incarnato da De Mossi. Ci fu, quindi, l’“apparentamento” con un patto firmato durante il ballottaggio. Di grazia, ma di quale odio si blatera? Giova ricordare che a quel punto i voti di una parte dello stesso Pd più meno consistenti e (o) di alcuni personaggi del “groviglio” che oggi al secondo turno hanno sostenuto la Ferretti, votarono per la Destra. In questi cinque anni Per Siena ha fatto innumerevoli volte fronte comune con il Pd in Consiglio comunale, contribuito all’elezione di Franceschelli alla presidenza della Provincia dove oggi Per Siena è in maggioranza con Bussagli, ha appoggiato con non poche difficoltà Giani, ha atteso che il Pd fosse consequenziale alla decisione di Enrico Letta di unire il partito al civismo, rinunciando al proprio simbolo. Saremmo noi i rancorosi? La verità è altrove: nei veti incrociati che contraddistinguono da anni l’operato dei dirigenti del Pd senese, che ancora una volta hanno vinto su ciò che sarebbe stato utile fare. Non si spiega in altro modo perché il civismo sia diventato da potenziale alleato a nemico (persino un capro espiatorio, per la Ferretti). Per Siena sarebbe dovuta essere stata la prima lista ad essere invitata a un tavolo per discutere il da farsi nella campagna elettorale ormai alle spalle. Tuttavia l’invito non c’è mai stato, forse per qualche divieto che ha pesato sulle scelte del Roncucci. A quel tavolo avremmo proposto una soluzione come quella di Brescia, del resto la firma dell’allora segretario nazionale del Pd, posta in calce a un documento presentatogli da altri civici, andava in questo senso. Il fatto di restare indipendenti e di aver scelto un proprio candidato ha suscitato la reazione tipica: se non sei con me, anche se mi hai aiutato, diventi automaticamente “destrorso”. In realtà abbiamo cercato di realizzare una primavera civica prima con Valentini (in caso di vittoria avremmo avuto un grandissimo peso politico in Consiglio comunale) e poi con Pacciani. Almeno, ci abbiamo provato (e ci riproveremo). In questo caos ci potrebbero essere le premesse per fare chiarezza (avviare una riflessione) fino in fondo nel Pd e perché no, usare argomenti più convincenti rispetto a, “chi è contro di noi è di Destra”, oppure “è carico di odio e di rancore”. Senza tralasciare la “meravigliosa” affermazione sempre della Ferretti durante il ballottaggio: “Le richieste del Polo Civico sono già contenute nel nostro programma”. Come dire, di voi non abbiamo bisogno, per poi continuare nella critica costante contro il civismo e dimenticando che l’avversario da battere fosse la Fabio. Noi avremmo sperato negli attacchi anche contro il falso civismo di un Montomoli (il vero innovatore) o di un Castagnini. Già, ma come sarebbe stato possibile? Al secondo turno c’è sempre bisogno di voti. Voti che potenzialmente sarebbero potuti venire da un Marzucchi in versione Montomoli, o da qualcuno del “tradito” Castagnini. Tuttavia alla fine mancano sempre i coperchi, mentre di pentole in tutti questi anni il Pd ne ha fatte troppe.
1 – continua
di Pierluigi Piccini
A fronte del fatto che Per Siena è in maggioranza in Provincia e ha aiutato prima Franceschelli e poi Bussagli mi permetto di esprimere un giudizio, per iniziare istituzionale e poi politico. Gli amministratori del Pd hanno trascurato il partito di Siena: non ci hanno voluto mettere le mani, proprio non si sono visti. Eppure ci sarebbe un senatore, ci sono consiglieri e un assessore regionali senesi. Non è dunque un caso che Per Siena con alcuni di questi amministratori abbia avuto rapporti politici corretti mentre, ufficialmente, con il partito del Roncucci nelle sue varianti, sono stati pessimi. Di fatto è avvenuta una certa separazione tra amministratori e partito: qualcuno degli amministratori è andato a Roma e qualcun’altro ha preso il suo posto, ma senza un apparente dialogo specie con il partito senese. Ma proviamo a riprendere il filo di un ragionamento più complessivo. Le elezioni di Siena (e non solo) dimostrano che il bipolarismo di per sé non è sufficiente a vincere le elezioni. Nonostante tutto sono le forze intermedie a determinare il successo, dunque il gioco politico non si gioca più tra due schieramenti, ma a più voci. A Siena il Terzo polo non c’è stato, anzi localmente si è rotto prima ancora del livello nazionale. La responsabilità dell’assenza (nei fatti) di questa forza alle elezioni amministrative è tutta da ascrivere a Scaramelli e alla sua voglia di schierarsi, ripetendo in maniera palese ciò che lui e i suoi avevano già fatto nel 2018. Questa volta, tuttavia, le giravolte durante il ballottaggio non hanno avuto successo. Bozzi in questo è stato molto più coerente e ha lasciato in essere qualcosa che potrebbe avere anche un futuro. Montomoli avrebbe potuto essere la terza forza decisiva, ma non è riuscito a svolgere questo ruolo, perdendo sia al primo che al secondo turno, ma funzionale al sistema impedendo a Pacciani di andare al ballottaggio. Al suo posto ha manovrato Marzucchi, ma l’essere stato prima a Destra e poi a Sinistra non lo ha certo premiato. Il fatto di non andare in Consiglio comunale, lasciando il posto al giovane Marzucchi, la dice lunga di un modo di far politica di Montomoli, oscillante come un pendolo da uno schieramento all’altro. Tortorelli e Gasperini poi completano il quadro. Tutto ciò ha finito di pesare anche sul gradimento della Ferretti: era inevitabile. L’endorsement di quest’ultima su Montomoli durante il ballottaggio ha peggiorato la situazione. Di Castagnini non ne parlo: è stato fuori gioco fin dal primo momento e il suo continuo e accorato riferimento al tradimento che avrebbe subito dai suoi la dice lunga su dove siano andati a finire i suoi voti. Qualcuno, ad esempio, ieri mi ha raccontato che De Mossi sta valutando se presentare il Palio di luglio oppure no, in ogni caso sembra che non gradisca la Fabio: si vedrà. Quindi per una serie di circostanze volute o meno, chi si è trovato a essere la terza forza e non soltanto per i numeri è stato il Polo civico, quella forza moderata che si cerca di costruire a livello nazionale? Forse. Comunque è chiaro che il Polo civico, anche per i risultati di Per Siena del 2018, può contare su una forza che oscilla intorno ai 6.000 voti. Voti che non sarà difficile tenere insieme nei prossimi mesi, ma che vanno fidelizzati con una azione politica mirata. Dove sono andati questi voti al ballottaggio? È difficile dirlo e dovremo aspettare che vengano analizzati i flussi. A braccio è possibile dire che abbiano preso strade diverse. Se si raffrontano i dati di Valentini con quelli della Ferretti si può facilmente vedere che quest’ultima, pur partendo meglio dell’ex sindaco al primo turno, ha catturato meno consensi al secondo. Motivi? Possono essere diversi. L’attacco costante al civismo fin dalle prime battute della campagna elettorale, l’essersi presentata come rappresentante esclusivo di un “bacino di utenza”, aver avuto una storia alle spalle che non ha permesso di presentarla, oggettivamente, come una novità, hanno pesato. Ma c’è dell’altro, non imputabile alla sua persona. Mi dite come si fa a proporre la patrimoniale, in modo indefinito per di più, in campagna elettorale come ha fatto la Schlein? Perché questa leggerezza di quest’ultima, che guarda più ad alcune minoranze per rivitalizzare il Pd piuttosto che alla maggioranza degli elettori? Nessun contrasto alla costruzione di alleanze sociali che passa no dal fisco e smantella lo stato sociale? Patrimoniale, diritti soggettivi, fisco sono temi centrali per i ceti medi e Siena è, per l’appunto, terra di ceti medi e di proprietari di case. La forza della sinistra, nel passato, è stata quella di governare ceti medi sostanzialmente conservatori con politiche riformatrici. Ma questi argomenti non sono mai diventati, insieme alle questioni locali, oggetto di discussione nei vari dibattiti – alla fine rivelatisi inutili – che si sono susseguiti in maniera vertiginosa nei giorni appena passati. Evidentemente non si riusciva o oppure non si doveva entrare nelle problematiche vere: tutto astratto, tutto superfluo. In quei gironi un sacerdote mi ha detto: ma sei sicuro che le visite della Schlein a Siena facciano bene alla Ferretti? No, non ne sono sicuro come non è stato sicuro il sindaco di Vicenza, tant’è che ha preteso che la segretaria non si presentasse al suo sostegno prima delle elezioni. La Fabio ha fatto un’altra campagna elettorale, ma ne parleremo prossimamente.
2 – continua
di Pierluigi Piccini
Eravamo all’inizio della campagna elettorale, il Pd aveva scelto la Ferretti come candidata alle primarie, ma già tutti sapevamo che sarebbe stata lei a correre per la carica di sindaco. In piazza San Giovanni incontrai casualmente un personaggio, di quelli importanti con il quale entrai subito in argomento e lui mi fece questa affermazione: “C’è il rischio che il nome scelto dal Pd riporti le lancette della politica senese indietro a quel passato che è necessario superare”. E così è stato, annullando tutti gli sforzi che nel recente passato erano stati messi in piedi per superare le divisioni. Se una candidata ha fatto di tutto per far ricordare ciò che il tempo aveva solo in parte scolorito, l’altra, la Fabio, ha fatto di tutto per far dimenticare i fatti appena trascorsi: gli ultimi cinque anni, la collaborazione con il “ricciarello magico” e i trasversalismi di cui De Mossi è stato un campione. E così si è avverato il colpo di spugna dell’ennesima novità che si avvicina alla cosa pubblica, peraltro una novità trovata all’ultimo momento, dopo l’allontanamento di Montomoli. Quest’ultimo, al di là delle sue scelte personali, era difficilmente manovrabile e personalmente non credo che poi la sua appartenenza massonica fosse così decisiva. I dirigenti locali di Fratelli d’Italia non lo potevano non sapere anche perché il proprietario di VisMederi non ne ha fatto mai mistero. Molto si è giocato sul terreno del biotecnopolo e la vicinanza di Montomoli a Rappuoli, che non è piaciuta più di tanto al centrodestra, così come la vicinanza di questi all’asse della sinistra fiorentina e romana. E’ probabile che la scelta fatta da Marzucchi al secondo turno per conto di Montomoli sia stata determinata anche da questa situazione intorno alla biotecnologia. Certo i problemi per il centrodestra di governo non mancheranno tra Fratelli d’Italia e la Lega, come tra Siena, Roma e qualche città della Lombardia. Di certo c’è una sola certezza: il quadro delle alleanze politiche e di potere è cambiato, dovremo solo vedere come si ricomporranno. Il riconoscimento a Riccaboni, così come quello a Rosati, hanno tanto il sapore dell’ultimo tuffo… Ma poi ci sarà un dopo diverso? I sistemi di potere sanno sempre come ricomporre le fratture, ma non sempre ciò avviene al meglio. E a questo proposito capiremo quanta capacità e autonomia, nell’interesse di Siena, saprà praticare la Fabio nell’azione di governo. Allora non sarà più sufficiente fare appello ai sensi, impostare una campagna elettorale basata sulla continua replica di una retorica tanto cara ai senesi. Il governo della città vorrà vedere il nuovo sindaco in faccia. Finora, la Fabio si è distinta per non essere mai entrata in modo concreto sulle scelte recenti dell’amministrazione De Mossi, con l’obiettivo di fare di tutto per far dimenticare i personaggi che avevano guidato e deciso insieme all’avvocato le scelte del Comune. Oblio che i gestori della campagna elettorale della Fabio hanno alimentato con l’enfasi e i viaggi senesi dei vari responsabili del governo Meloni. Obiettivo? tranquillizzare. La Presidente del Consiglio non si è vista a Siena, una presenza giocata a distanza, con grandissimi manifesti e con il viaggio romano della candidata a sindaco. Questo modo di fare ci ha ricordato la famosa frase di Moretti: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. Evidentemente anche per la Presidente si è voluto cancellare l’esperienza elettorale del 2018.
Ora la situazione è diversa: siamo entrati in una fase nuova, quella del governo. E da subito si vedrà di che panni si vestirà l’amministrazione a partire dalla scelta della stessa compagine amministrativa. Quanto ci metterà di suo la professoressa e quanto il sistema dei partiti? Meglio, del partito. Quanta professionalità e capacità di amministratori e amministrativi entrerà nelle stanze del Comune e delle varie partecipate? È vero che la legge 81 è stata ormai calpestata e totalmente dimenticata, ma potrebbe ancora dare spazzi di manovra ai sindaci se solo la volessero esercitare. Le presenze negative non finiscono soltanto con un ricciarello diventato ormai “avariato”, visto che una parte di esso rimane in Consiglio, così come rimangono altre esperte nell’arte del pendolarismo politico: su entrambe vedremo come si comporterà il primo cittadino, e se l’esperienza del Centrodestra iniziata nel 2018 è stata definitivamente superata o solo rinviata e rinverdita nel 2023. I rapporti poi non si giocano solo nelle sale del Consiglio, alcuni nodi arriveranno da subito al pettine e anche su questi vedremo gli attori e i loro comportamenti. La dimensione della città consente di conoscere nel dettaglio i vari retroscena, sarà sufficiente porci un po’ di attenzione. Non ultimo, ma decisivo, sarà cosa nel concreto intenderà fare l’amministrazione Fabio. Lo vedremo nella mozione programmatica che dovrà essere presentata al vaglio dei neo eletti consiglieri molto presto.
3 – fine