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Si sposteranno investimenti di decine di miliardi
ROMA Il cammino del Piano nazionale di ripresa e resilienza assomiglia sempre di più a una Via Crucis. Un itinerario a tappe, di semestre in semestre, di sofferenza in sofferenza ogni volta che Bruxelles deve verificare il rispetto degli impegni presi e dar corso al pagamento delle relative tranche di finanziamenti. Una Via Crucis che il governo Meloni, suo malgrado, si trova a percorre lungo un corso disegnato da altri e che diventa di semestre in semestre più impegnativa. Un po’ perché nella commissione europea aumentano i dubbi sulla capacità dell’Italia di realizzare tutti gli obiettivi del Pnrr fino al 2026 e al quale sono legati finanziamenti per complessivi 191,5 miliardi di euro. Un po’ perché, oggettivamente, più si va avanti e più i target assegnati ai singoli semestri diventano difficili, giacché non si tratta più solo di approvare norme e regolamenti come era all’inizio, ma di assegnare i lavori e aprire i cantieri.
E sono cambiate anche le modalità di verifica da parte della commissione Ue, come ha toccato con mano il ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, sui 55 obiettivi che il Piano prevedeva fossero centrati nel secondo semestre 2022 per ottenere la terza rata da 19 miliardi. Per la prima volta da Bruxelles sono scattati controlli a campione con ispezioni sul posto per verificare, per esempio, l’apertura dei nuovi alloggi per studenti universitari, con la contestazione mossa al nostro governo che una parte degli stessi alloggi rendicontati come nuovi erano invece preesistenti.
Il governo ha appreso la lezione. «Ho dovuto prendere ben 47 provvedimenti di vario tipo solo per sistemare i 55 obiettivi del secondo semestre 2022», ha lamentato Fitto. Ora, dopo aver superato con un compromesso con Bruxelles lo stallo sulla terza e quarta rata, il ministro vuole evitare problemi sulle prossime. Vediamo quindi a che punto siamo.
Il Pnrr prevede, in tutto, 527 obiettivi suddivisi in dieci semestri e altrettante rate, fino al 30 giugno 2026 per complessivi 191,5 miliardi. Finora l’Italia, oltre al pagamento dell’anticipo da 24,9 miliardi, ha ottenuto le prime due rate da 21 miliardi ciascuna, per un totale di 66,9 miliardi. Dando per buono che il nostro Paese otterrà anche la terza e quarta rata, si arriverà a un finanziamento complessivo di 101,9 miliardi, a fronte di 178 obiettivi raggiunti entro il primo semestre 2023. Rimarranno ancora 349 target da centrare, suddivisi in sei semestri, dal secondo del 2023 al primo del 2026, per 89,6 miliardi da incassare.
Dall’Europa
Finora l’Italia
ha ricevuto 66,9 miliardi, comprese
le prime due rate
Entro il 31 agosto, ma a Palazzo Chigi dicono che faranno prima, il governo presenterà le proposte di modifica di tutto il Pnrr, compreso l’inserimento del capitolo sul RepowerEu, che la commissione vuole per dar corpo all’autonomia energetica dell’Europa dopo la guerra in Ucraina. Ecco, alla luce dello stato dell’arte, il nostro Piano verrà riscritto. Non per cambiarne la filosofia né le finalità fissate dalla Ue, ma per prendere atto di tutti i cambiamenti intervenuti che — come ha più volte detto Fitto — rendono inattuabili, nei tempi scadenzati, parte degli obiettivi inseriti dal governo Draghi nel Pnrr. Il governo ha appena chiesto a Bruxelles di modificare circa un terzo dei target del primo semestre 2023 (10 su 27). Immaginate se si mantenesse questo livello sui restanti 349 del Pnrr. Il lavoro dei tecnici di Fitto è in corso. Le potenziali proposte di correzione coinvolgono investimenti per alcune decine di miliardi di euro. Ma la selezione è ancora in corso.
La base di partenza è l’allegato del governo alla relazione recentemente presentata in Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, dove c’è un elenco dettagliato di tutte le misure del Piano che, ad oggi, presentano «elementi di debolezza». In tutto sono 64, comprese le 10 per le quali già si è chiesta la modifica a Bruxelles, che però spesso prevedono step anche nei prossimi anni.
La cernita non sarà facile. Rinunciare a determinati investimenti, magari spostandone il finanziamento sulle risorse nazionali del fondo complementare e sui fondi di coesione, che hanno scadenze più lunghe del 2026, significa affrontare negoziati difficili con i singoli ministri titolari dei progetti, i quali non vogliono apparire come i responsabili dei ritardi nella realizzazione del Pnrr, soprattutto dopo aver ripetuto «noi spenderemo tutte le risorse assegnate», come per esempio il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Ci sono quindi resistenze da superare e compromessi da raggiungere. E, per quanto Fitto sia paziente e abile nella mediazione, la premier è sempre pronta a intervenire in caso di necessità.
Il tempo stringe. A Palazzo Chigi sono convinti che, vista l’esperienza di quest’ultimo anno, d’ora in poi si debba giocare d’anticipo con Bruxelles, con l’obiettivo che mai più ci vogliano 7 mesi per concludere le verifiche che sbloccano il pagamento di una rata. Per questo è necessario riscrivere il Pnrr.