“Franza o Spagna purché se magna” dicono Vittorio Feltri & Co.
3 Giugno 2022La lingua del nemico
3 Giugno 2022
di Federico Rampini
Semplificando un verdetto un po’ più complesso e bilanciato, ha vinto lui e ha perso lei. Ma questa non era più una vicenda privata, non soltanto. Aveva appassionato l’opinione pubblica, soprattutto il mondo giovanile. Molto prima che decidessero i giurati, un altro verdetto era stato pronunciato sui social media. Una petizione per «cancellare» Amber Heard dai suoi prossimi impegni di attrice aveva raccolto quasi cinque milioni di firme, mentre il processo era ancora in corso. È anche per questo che la conclusione viene giudicata come un colpo contro il tipo di femminismo rappresentato da #MeToo. Forse era inevitabile arrivare qui. Quel movimento era partito da un’esigenza fondamentale: denunciare, contrastare, estirpare il sessismo, a cominciare dalla piaga delle violenze o delle molestie contro le donne, in famiglia o nei luoghi di lavoro. Tra i primi casi agli albori del movimento c’erano state anche delle «donne del popolo», coraggiose quanto sconosciute. Ma rapidamente #MeToo aveva conquistato visibilità perché se n’erano impadronite delle celebrity di Hollywood. Come per altre cause progressiste — vedi i campioni multimilionari Black dello sport che boicottavano l’inno nazionale in nome dell’antirazzismo — quando le «avanguardie rivoluzionarie» sono una élite iper-privilegiata, eccitano risentimenti e contro-reazione da altre parti della società. #MeToo si era distinto anche per l’uso dei social media come tribunale di piazza, inappellabile, con il potere di emettere condanne sommarie, sospendendo la presunzione d’innocenza e le regole del diritto.
I suoi limiti erano stati avvertiti con inquietudine da alcune femministe storiche, che intuivano il suo innesto sulla tradizione puritana e sessuofobica degli Stati Uniti. Tra le prime voci critiche ci fu la scrittrice canadese Margaret Atwood, autrice di The Handmaid’s Tale, storia ambientata in una società totalitaria dove le donne sono proprietà dello Stato, il desiderio e il piacere sono banditi, l’atto sessuale è rigidamente pianificato a fini di procreazione. Una distopia ispirata al fondamentalismo puritano dei Padri Pellegrini che furono all’origine degli Stati Uniti. Di fronte al fenomeno #MeToo, Margaret Atwood pubblicò una lettera aperta molto polemica, di cui oggi torna in mente questo passaggio: «La mia posizione fondamentale è che le donne sono esseri umani, con tutto il ventaglio di comportamenti santi e diabolici che questo comporta, inclusi gli atti criminali. Non sono angeli incapaci di commettere il male. Se lo fossero, non avremmo bisogno di uno Stato di diritto col sistema giudiziario. Né credo che le donne siano come bimbi incapaci di prendere decisioni morali. Se lo fossero, ci ritroveremmo nell’Ottocento quando le donne non potevano essere titolari di proprietà, studiare all’università, decidere sulla riproduzione, e votare. Ci sono delle forze che la pensano così in America, ma di solito non sono considerate femministe. #MeToo è un sintomo di un sistema legale che non funziona. Troppo spesso, delle donne e altre vittime di abusi sessuali non sono riuscite ad avere giustizia attraverso le istituzioni o dentro le aziende, per cui hanno usato un altro strumento: Internet. Le stelle sono cadute dal cielo. Questo è stato molto efficace, ed è stato visto come un grande risveglio. Ma poi? Si può scegliere di far funzionare meglio la giustizia; oppure di farne a meno. Se aggiriamo il sistema legale, che cosa lo sostituirà? Quali saranno i nuovi poteri? Nei tempi estremi vincono gli estremisti. La loro ideologia diventa una religione, chiunque non scimmiotti le loro opinioni è visto come un eretico, un traditore, i moderati vengono eliminati».
Distorsioni
Qualche celebrity opportunista,
che ha barato al gioco, danneggia
chi non ha né il glamour né il potere
né il denaro per ottenere giustizia
Sulla stessa lunghezza d’onda, in Francia ci fu il cosiddetto «appello di Catherine Deneuve», che in realtà aveva cento firmatarie tra cui la grande filosofa Elisabeth Badinter. Prendeva proprio le mosse dal caso più celebre e più turpe di Hollywood: «Lo stupro è un crimine. In seguito allo scandalo Weinstein c’è stata una legittima presa di coscienza delle violenze commesse sulle donne, in particolare nel mondo del lavoro, dove certi uomini abusano del loro potere. Era necessaria. Ma quella liberazione della parola oggi si rovescia nel suo contrario: ci si chiede di parlare secondo le regole, di tacere ciò che disturba, e quelle fra noi che rifiutano i diktat sono trattate come delle traditrici, delle complici! È tipico del puritanesimo: fa suoi gli argomenti di protezione delle donne per incatenarle alla condizione di eterne vittime, poveri piccoli oggetti dominati dai diavoli fallocrati, come ai bei tempi della stregoneria. #MeToo ha scatenato sulla stampa e i social media una campagna di delazioni e di accuse pubbliche contro individui che, senza avere la possibilità di rispondere né di difendersi, sono stati catalogati come aggressori sessuali. Questa giustizia sbrigativa ha già fatto delle vittime, uomini sanzionati nella loro professione, costretti a dimettersi, talvolta solo per aver toccato un ginocchio, tentato di rubare un bacio, per aver parlato di cose intime in una cena di lavoro o per aver mandato un messaggio a sfondo sessuale a una donna con cui l’attrazione sessuale non era reciproca. La corsa febbrile a mandare i maiali al mattatoio, lungi dall’aiutare le donne a liberarsi, in realtà serve gli interessi dei nemici della libertà sessuale, gli estremisti religiosi, i reazionari, gli eredi di una morale vittoriana secondo i quali le donne sono esseri diversi, bambine col viso di adulte, in cerca di protezione…».
Ricordo Atwood, Badinter, Deneuve e tante altre femministe perché avevano intuito con anni di anticipo il pericolo di un esito alla Depp-Heard. Le rivoluzioni hanno in sé il germe della contro-rivoluzione. È bastato che il «pirata» Depp apparisse nel ruolo di una vittima, per far scattare l’identificazione e l’impulso di protezione in milioni di fan. Chi ha usato per anni il falò pubblico delle condanne sommarie, delle sentenze emesse dalla piazza digitale inferocita, deve mettere in conto il rischio che prima o poi l’ingranaggio divori chi lo ha inventato. Adesso il rischio, se dovesse davvero estinguersi #MeToo, è di perdere di vista una tragedia vera. Tante donne continuano ogni giorno ad essere vittime di violenze che non osano denunciare. Qualche celebrity arrivista e opportunista, che ha barato al gioco, danneggia chi non ha né il glamour né il potere né il denaro per ottenere giustizia.
È indispensabile aggiungere che l’Italia non è l’America. Se lo sfondo culturale del puritanesimo anglosassone ha visto attecchire delle forme estreme di «caccia ai peccati del maschio», in Italia il sessismo è ancora diffuso, tollerato, protetto da indulgenza, omertà e complicità, fino a generare la terribile scia dei femminicidi. Per evitare che la causa delle donne sia travolta dalle bassezze di Amber Heard, bisognerebbe far funzionare lo Stato di diritto. Per proteggere chi ne ha bisogno, per fare giustizia, quello è ancora lo strumento migliore che sia stato creato. Cosa fare prima di arrivare all’approdo estremo che è un’aula di tribunale? L’educazione al rispetto, che comincia in famiglia, è la migliore prevenzione.