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di Gian Antonio Stella
Ci vuole fegato, a parlare ancora d’una sanatoria edilizia per «piccoli abusi», come fa Matteo Salvini. Ci vuol fegato perché gli archivi sono pieni zeppi di impegni di questo genere implacabilmente smentiti dai fatti e cioè da condoni perfino per lottizzazioni con centinaia di appartamenti. Una per tutti? Un ecomostro di 283.000 metri cubi che aspirava ad essere «sanato» ad Acilia con 1.367 condoni individuali. Uno sconcio finito in un processo evaporato 12 anni dopo con la prescrizione del reato di falso…
Eppure insiste, il segretario della Lega: «Lo dico senza ipocrisia, ci sono problemi di bilancio? Ci sono alcune centinaia di migliaia di piccole irregolarità architettoniche, edilizie e urbanistiche che stanno intasando gli uffici tecnici dei comuni di mezza Italia? Sì. E allora non sarebbe più saggio per quelle di piccola entità andare a sanare tutto quanto?» Una «rassicurazione» minimalista che fa il paio con quella che fece vent’anni fa l’allora ministro forzista dei beni culturali Giuliano Urbani, che ci mise la faccia, per usare un’espressione meloniana di moda, giurando: «È solo per i piccoli abusi, finestre aperte o chiuse, che riguardano la gente perbene…» Parole di cui si pentirà: «Purtroppo il problema fu sottovalutato nei suoi difetti dirompenti. Del resto su questi interessi balordi il Paese, da una parte e dall’altra, si riunisce». Evviva l’onestà.
È proprio su questo, del resto, che pare puntare Salvini. Un abusivo è un cattivo cittadino. Mille possono eleggere un sindaco. Cinquantamila un senatore. Centomila possono far vincere o perdere le Politiche. E son ormai quarant’anni che una certa politica, non solo a destra, sia chiaro, ci fa i conti promettendo sanatorie. Col risultato, per citare non verginali eremiti ambientalisti ma il confindustriale Sole 24 Ore, che i tre condoni edilizi del 1985, 1994 e 2003 hanno sì fruttato provvisoriamente alcuni miliardi ma «quasi tutti a spese del paesaggio. Gli abusi minori, quelli interni o che cambiavano di poco la sagoma di edifici già esistenti, erano, infatti, quelli meno redditizi». Di più: quei soldi (provvisori) inesorabilmente inferiori agli obiettivi (l’ultimo del 2003 fruttò secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre il 34% di quanto sperato) sarebbero stati pagati a caro prezzo, come spiegano Paolo Berdini e altri studiosi, dato che lo Stato deve poi spendere il quintuplo per portare agli edifici condonati i servizi essenziali. Un autogol.
Dice oggi la senatrice leghista Elena Murelli che Salvini «non ha mai usato la parola condono». Neppure Berlusconi nel ‘94 («In Consiglio dei ministri o altrove non ho mai pronunciato la parola condono. Sono i giornali che vogliono farci apparire come gli altri governi») e così il suo ministro Giulio Tremonti («Nessun condono») fino all’ammissione del responsabile dei lavori pubblici Roberto Radice: «È una risposta solo ai piccoli abusi. Chi dice che il governo voglia incoraggiare l’abusivismo dice una panzana». Tesi ribadita da Umberto Bossi: «È una soluzione per i piccoli abusi».
E via così anche con la successiva sanatoria edilizia del 2003. Minimizzata in coro: «È una misura volta a chiudere contenziosi che riguardano semplicemente piccole infrazioni che per lo più nascono dalla complessità e dall’astruseria di molte leggi del nostro paese» (il forzista Sandro Bondi). Un intervento «light, poco più ampio di quello per i piccoli abusi all’interno degli appartamenti» (il sottosegretario all’Economia Gianluigi Magri). «Il condono? Permetterà di risolvere una infinità di piccoli abusi che creano una situazione di assoluta incertezza sul territorio» (i leghisti Francesco Moro e Paolo Franco). «Si potranno condonare solo piccoli abusi come le costruzioni delle case nelle periferie metropolitane» (l’aennino Gianni Alemanno).
Fatto sta che il condono e ancor più le aspettative di un maggiore permissivismo da parte degli uffici comunali, dei vigili urbani, dei finanzieri e così via incoraggiò qualcuno a costruire in tutta fretta nuove case abusive (il sindaco di Catania Enzo Bianco denunciò d’essere sommerso da migliaia di rendering di edifici ancora inesistenti spacciati per già costruiti e una ricca signora romana tirò su abusivamente una villa sull’Appia antica vicino a Cecilia Metella) e spinse certi costruttori particolarmente spregiudicati a costruire alle porte di Napoli interi quartieri costruiti sulla sabbia.
C’è il rischio che gli annunci salviniani di questi giorni possano scatenare una corsa all’abuso simile? Dio ce ne scampi. In un Paese come il nostro dove già un italiano su sei vive o fa le vacanze in una casa del tutto o parzialmente abusiva, Legambiente ricorda che «l’Istat fotografa nel Rapporto BES 2022 (Benessere equo e sostenibile) “un incremento netto delle abitazioni abusive in una misura che non si osservava dal 2004 (+ 9,1%)”. Non a caso la pressione più forte del mattone illegale, definita “insostenibile” dall’Istat con un’incidenza di 42,1 abitazioni abusive ogni 100 autorizzate, si registra nelle regioni meridionali, Campania in testa, dove è maggiore il numero di reati accertati dalle forze dell’ordine». Vale la pena di insistere con certe promesse? Mah…