Quel che resta da privatizzare
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5 Ottobre 2023L’analisi
Nessun dubbio: l’enciclica Laudato si’ resterà nella storia come un magistrale esempio di comunicazione efficace. Un testo a lungo atteso, eppure risuonato come parola nuova e potente, accolta con gioia da tanti soggetti, cui ha offerto ispirazione per il pensiero e per la cura della casa comune. Un testo profondamente radicato nella grande tradizione, ma al contempo estremamente creativo: con esso il magistero cattolico si è avviato su piste certo non inedite, ma che mai avevano ricevuto tanta attenzione. Lo stesso Francesco vi è del resto ritornato con continuità – basti pensare, tra tanti testi, all’esortazione Querida Amazonia, ma soprattutto all’esortazione apostolica Laudate Deum, pubblicata non a caso nella festa di San Francesco. Davvero il Pontefice sta dando risonanze forti alla spiritualità del Santo di cui porta il nome, declinandola al contempo – come fa anche la stessa Laudate Deum – anche in relazione ad un’attualità profondamente segnata dall’emergenza climatica. Non stupisce in tal senso che anche la veglia di preghiera Together – svoltasi sabato 30 settembre in preparazione al Sinodo – abbia dato spazio alla lode per il creato e all’ascolto del suo gemito, quasi a riprendere il linguaggio dell’enciclica.
Ma cos’è che ha reso tanto efficace un testo che aveva suscitato attese, ma anche contestazioni preventive? Perché esso parla ancora, a tanti ed a tante? Diversi elementi: proviamo a evocarli in modo essenziale. C’è in primo luogo un ascolto
efficace e documentato dei segni dei tempi, che ha saputo cogliere – specie nel capitolo I – il grido della terra, quel grande, drammatico fenomeno che è la crisi socio-ambientale planetaria; un’attenzione specifica per il riscaldamento globale, un’emergenza che minaccia il futuro della vita come la conosciamo, ma che – ce ne accorgiamo in questi anni – già impatta anche sul presente.
C’è, poi, un’interpretazione potente di tale realtà, a partire da una lettura biblica penetrante ed articolata, condotta nel segno della creazione. Il capitolo II attraversa l’intero canone per esplorare le dimensioni dell’agire misericordioso del Creatore; anche dello stesso Gesù – della sua vicenda e della sua realtà trinitaria – si parla a partire dalla sua relazione col creato. In tale orizzonte teologico Francesco radica una rinnovata spiritualità ed un’etica della cura per la terra, a partire dalla grande tradizione cristiana, ma anche dalla riflessione ecoteologica contemporanea. L’espressione “conversione ecologica” – centrale nel capitolo VI – ben esprime la forte esigenza pratica di un agire personale e sociale da rinnovare in modo radicale.
Per giungere a tale istanza pratica l’enciclica propone però anche un percorso diverso, centrato sull’“ecologia integrale” e ben compendiato nell’espressione “tutto è connesso”, tante volte richiamata. Nel capitolo IV è, così, soprattutto il linguaggio delle scienze – le scienze naturali e le scienze umane – ad orientare ad un’etica della relazionalità umana ed ecologica, per una responsabilità socio-ambientale. Si apre così lo spazio per una convocazione ad ampio raggio per pratiche di cura condivise, rivolta «ad ogni persona che abita questo pianeta» (n.3).
Perché il forte radicamento dell’enciclica nella tradizione cattolica (da Tommaso d’Aquino agli ultimi pontefici) si intreccia con riferimenti alla varietà delle confessioni cristiane, al cammino ecumenico, al pensiero ebraico ed anche alla sapienza musulmana, ma anche con un richiamo alla corresponsabilità di credenti e non credenti.
Non casuali, dunque, le forti risonanze ecumeniche, interreligiose ed interculturali suscitate da un testo che ha favorito l’avvio di molti percorsi di dialogo e collaborazione per la cura della casa comune.
Tanti elementi, ben colti dai lettori dell’enciclica, eppure spesso è restato inespresso il più prezioso: un forte annuncio evangelico, nel segno della speranza. Non certo un altro Vangelo (come insinuavano alcuni critici malevoli), ma una forte riespressione dell’unico Evangelo per un tempo inedito: con la parola della creazione Laudato si’ interpreta e illumina le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce della famiglia umana, in quest’era di crisi socioambientale che diciamo Antropocéne. teologo, vicepreside dell’Istituto di Studi ecumenici “San Bernardino” di Venezia, docente alla Facoltà teologica del Triveneto