Claudio Tito
BRUXELLES -L’unico interlocutore dell’Ue è l’Anp, l’Autorità nazionale palestinese. Nelle conclusioni finali che il Consiglio europeo approverà oggi, il riferimento sarà esplicito. E non sarà un passaggio formale. Non si tratta di una sottolineatura routinaria. Ma di una vera e propria azione concertata. Maturata attraverso i contatti tra Washington, Londra, Parigi, Berlino e Bruxelles. E in seguito ai colloqui che alcuni rappresentanti europei hanno avuto con Abu Mazen, il leader dell’Anp.
L’obiettivo, ovviamente, è isolare Hamas. Contrapporre l’Autorità palestinese, come punto di riferimento dell’Occidente, al gruppo terroristico di Hamas i cui vertici ieri sono stati ricevuti al Cremlino da Putin. E quindi avviare un percorso che eviti la totale destabilizzazione dell’area.
L’interrogativo riguarda semmai le modalità con cui rafforzare Abu Mazen. In questo senso sono in corso due azioni diplomatiche distinte ma convergenti: una statunitense ed una europea. Con un traguardo finale unico: creare le condizioni per cui la striscia di Gaza possa essere sottratta all’amministrazione di Hamas e riconsegnata all’Autorità palestinese con la mediazione della Lega araba o dell’Onu.
Tutto è iniziato con la visita del presidente americano Biden in Israele. Nonostante il mancato incontro con il leader dell’Anp, quei primi colloqui hanno aperto la strada al tentativo di ricostruire un tessuto simile a quello che aiutò Clinton a fare da mallevadore degli accordi di Camp David nel 2000. Una delle mosse, allora, è stata il coinvolgimento dei Paesi del golfo Persico. In particolare il Qatar. L’idea della Casa Bianca è chiudere i rubinetti dei finanziamenti verso Hamas. L’invito ai leader arabi è stato piuttosto pressante.
L’iniziativa europea è invece scattata parallelamente domenica scorsa. Al vertice della Pace del Cairo convocato dal leader egiziano Al Sisi. In quell’occasione l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha incontrato proprio Abu Mazen. Una riunione di cui l’alleato Usa era stato preventivamente avvertito. Per il responsabile europeo non si trattava solo di trasmettere un segnale alla parte “buona” dei palestinesi per separarla dai terroristi. Ma ha colto l’opportunità di tracciare un percorso che possa almeno potenzialmente evitare la regionalizzazione del conflitto. Non è un caso che l’altro ieri anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, abbia telefonato ad Abu Mazen alla vigilia del Consiglio europeo. Così come questa linea è stata apertamente sostenuta dal governo italiano. «Credo – ha detto la presidente del consiglio, Giorgia Meloni, entrando all’Europa Building, il palazzo che ospita i vertici europei – che uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare concretezza e tempistica alla questione palestinese. Dare maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese. Questo è un ruolo che l’Europa può giocare».
Il documento del summit tra i 27conterrà anche un riferimento alla richiesta di una «pausa umanitaria» volta a trarre in salvo i civili e a portare aiuti nella Striscia. Una formula che in realtà ha provocato uno scontro durante il vertice. Alcuni governi – numericamente minoritari, tra cui la Spagna – hanno infatti insistito sul concetto di tregua. Richiesta che non è stata accolta, il testo finale è stato integrato richiamando le parole già inserite nella dichiarazione congiunta del 15 ottobre scorso. Ma nel testo è entrato, sempre su spinta di Madrd, la’invito a convocare una Conferenza di pace. Del resto le Cancellerie più impegnate nella mediazione sono consapevoli che in questa fase non è possibile andare oltre la «pausa umanitaria ». In primo luogo perché ogni ulteriore passaggio sarà possibile solo dopo che Israele avrà compiuto la sua risposta sul terreno contro Hamas. Il fattore deterrenza per lo Stato ebraico non è aggirabile. Ogni mediazione ne deve tenere conto. Ignorarla significa fallire in partenza. Il punto è semmai convincere il governo Netanyahu a non esagerare e a non rendere impossibili i passi successivi e un nuovo equilibrio. Nel piano molto informale di Usa-Gb-Ue, infatti, l’esito sperato si concentra sulla striscia di Gaza. Sull’amministrazione di quel territorio – che da 15 anni è gestita da Hamas anche se le ultime elezioni (perse da Al Fatah) sono del 2006 – si può aprire il sentiero strettissimo della pace. L’obiettivo è restituire all’Anp il ruolo di guida. Magari con l’aiuto dell’Onu o della Lega Araba per evitare l’immagine dell’imposizione coatta.