L’uranio arricchito è quasi pronto: l’Iran potrebbe costruire una bomba atomica in poche settimane
11 Giugno 2022Mossa Bce, nonostante Draghi lo spread torna a fare paura
11 Giugno 2022
di Massimo Franco
L’irritazione nei confronti della Bce e dell’Unione europea sta facendo il miracolo di ricompattare il centrodestra. È vero, si tratta di una tregua che arriva a pochi giorni dal voto amministrativo di domani, e questo può renderla sospetta. Ma FdI, Lega e FI sembrano d’accordo nel puntare il dito contro la presidente Christine Lagarde. L’annuncio del rialzo dei tassi di interesse per un Paese oberato dal debito pubblico come l’Italia riesuma vecchie diffidenze. E restituisce un nemico comune. Matteo Salvini arriva a evocare «un attentato alla vita e all’economia del nostro Paese da parte delle istituzioni di Bruxelles». Giorgia Meloni definisce «intempestiva e inopportuna» l’iniziativa della Bce. E il berlusconiano Antonio Tajani avverte che così «si penalizza l’economia». Ma anche il leader del M5S, Giuseppe Conte, vede «tutti gli ingredienti per una miscela esplosiva» a livello sociale. Sono parole che riflettono anche i timori di chi ritiene di potere vincere le Politiche del 2023. E addita un’Europa pronta a esaminare identità e strategie del centrodestra italiano. La Lega ha la posizione più radicale. Salvini vuole convocare il vertice del partito lunedì 13 giugno, proprio dopo voto e referendum sulla giustizia. L’elezione riguarderà circa il dieci per cento dei Comuni italiani. E sebbene venga definita una sorta di prova generale in vista del prossimo anno, cade in un momento di confusione. Dare per scontato uno scontro tra centrosinistra e centrodestra sa di tentativo di accreditare un asse tra Pd e M5S, tuttora in incubazione; e contestato da centristi come Carlo Calenda, leader di Azione. E, nel fronte che vede insieme FdI, Lega e FI, vela la competizione interna per il primato. Ma, più che a determinare la tenuta degli schieramenti, il voto servirà a misurare i rapporti di forza interni. E determinerà le relazioni tra alleati e verso il governo. Il tema della politica estera si inserisce obliquamente in questo scontro. Nessuno vorrebbe sottolinearlo, perché divide sia grillini e Pd, sia FdI, FI e Lega: sull’aggressione militare russa contro l’Ucraina, i contrasti sono evidenti. Ma criticare Ue e Bce è un comodo, sebbene rischioso diversivo. È probabile che lo schema emergerà quando il premier Mario Draghi si presenterà in Parlamento il 21 per rivendicare l’esigenza di aiutare anche militarmente l’Ucraina. E non è difficile prevedere che i toni delle forze di maggioranza risentiranno dei risultati elettorali. Ma più si va avanti, più si avverte l’esigenza di non accentuare la tentazione di smarcarsi e tirare la corda da parte di grillini e leghisti. Anche perché con una situazione economica così incerta, mostrare un Paese spaccato significherebbe farsi del male, trasmettendo un’immagine di precarietà.