Nel derby tra ministeri Urso e Lollobrigida battono Schillaci e Pichetto. Domani confronto Fitto-sindaci
ROMA — Vincono le imprese, perdono i Comuni. È il baricentro che traballa del nuovo Pnrr. A Palazzo Chigi proseguono i festeggiamenti per il via libera di Bruxelles alla revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma nelle retrovie è già tempo di veleni e gelosie.
C’è chi è soddisfatto per il gran rimescolamento finale e chi, al contrario, è scontento perché nell’ultimo atto ha perso soldi e quindi peso. Vale per i soggetti direttamente coinvolti nell’attuazione del Piano, ma anche per gli attori che gravitano intorno, associazioni di categoria invece che ministri. E così l’aumento, da 4 a 6,3 miliardi, della dote di Transizione 5.0 per i crediti d’imposta alle impresegreen e digitali, non è solo un incasso per Confindustria. Che, dopo le critiche alla manovra «solo il 9,4% delle risorse alle imprese », la denuncia del presidente Carlo Bonomi – ottiene un risarcimento considerevole: 12,4 miliardi per l’industria e le pmi. Nel pacchetto, tra le altre voci, ci sono anche 2,5 miliardi per le filiere strategiche. Ad esultare, oltre agli industriali, è il loro diretto referente: il titolare del dicastero delle Imprese Adolfo Urso. È stato suo il pressing su Raffaele Fitto, il vincente per definizione alla luce del disco verde dell’Ue alla rimodulazione del Piano, per incrementare il finanziamento di Transizione 5.0 all’interno di RepowerEU, il nuovo capitolo per la sicurezza energetica. È stata l’arena della trattativa finale con Bruxelles. E all’angolo è finito Gilberto Pichetto Fratin. Il ministro dell’Ambiente ha portato a casa anche impegni di spesa più consistenti su alcuni capitoli, ma ha dovuto lasciare andare i 300 milioni per la produzione di biocarburanti, oltre a prendere atto del grande taglio (1 miliardo) per la riconversione dell’ex Ilva di Taranto, già acquisito a fine luglio. Su tutte, la rinuncia a 4 miliardi per l’ecobonus e a 2,3 per l’efficientamento energetico destinati all’edilizia residenziale e popolare. Tagli che hanno aperto una ferita nel mondo delle imprese: dopo la scure del governo sul Superbonus, i costruttori speravano nei nuovi incentivi per rilanciare i cantieri. E invece sono rimasti a bocca asciutta.
Il passo in avanti delle imprese è controbilanciato dalla retrocessione degli enti locali. Ai sindaci sono stati sottratti 10 miliardi; altri tre, per le periferie e i Piani urbani integrati, sono stati invece ripristinati dopo la decurtazione di inizio agosto. I dieci miliardi sono finiti dentro RepowerEU, quindi in mano alle imprese e alle partecipate di Stato che gestiscono i progetti per le infrastrutture energetiche. Sono i Comuni i grandi sconfitti. E allo stesso tempo i protagonisti del secondo tempo del nuovo Pnrr dato che Fitto ha promesso di finanziare i progetti cancellati dal Piano con altre risorse. Domani, il primo round.
Se Fitto deve misurarsi con le proteste dei primi cittadini, il collega Francesco Lollobrigida è decisamente più sereno: i fondi gestiti dall’Agricoltura sono passati da 3,6 a 6,5 miliardi, grazie soprattutto agli oltre 2 per i contratti di filiera. E le battute finali della revisione hanno premiato anche Matteo Salvini: 1 miliardo per la rete idrica, altrettante risorse per il trasporto regionale e fondi per il potenziamento di alcune linee ferroviarie al Nord. Alla ricerca di risorse è invece il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, dopo il taglio di 100 mila nuovi posti negli asili nido. Non è il solo. Il titolare della Salute Orazio Schillaci deve aggrapparsi ai residui del Fondo nazionale per l’edilizia sanitaria per salvare le Case e gli ospedali di comunità.