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Martedì, in quanto invitato, sono andato all’iniziativa di una componente del Pd dal tema provocatorio: Serve ancora il Pd? Provocatorio perché è chiaro che una forza di sinistra serve al Paese. Quindi non è tanto se debba esistere, quanto come eventualmente esistere. Un chiarimento: non sono stato invitato ufficialmente ma tramite terze persone (il nicodemismo è tutt’ora molto presente tra i militanti piddini). La prima considerazione che mi sento di fare è di rispetto verso militanti che discutono calorosamente dell’impegno politico, che credono alla militanza come difesa della democrazia necessaria per la costruzione del bene comune. Quindi, nulla da dire a questo proposito. Viceversa, c’è da dire quando si entra a parlare dei contenuti e della necessità di analisi concrete nell’azione politica nella dimensione data. Ecco, su questo la mia critica è forte. La lettura dei processi è dentro una scatola interpretativa che ricade a cascata da una situazione marco, nazionale, a una micro, locale. I due principali relatori, quando hanno parlato del territorio e in modo particolare di Siena, non hanno fatto altro che ripetere gli slogan di sempre, con delle proposte ormai invecchiate inesorabilmente. Prima di passare al qui e ora ci terrei a fare due esempi, la pace è voluta ovviamente da tutti e ha avuto anche in quella sede ampio spazio, ma con un piccolo particolare: il giorno dopo il Pd in Parlamento ha votato per una riconferma dell’appoggio, con la consegna di armamenti italiani all’Ucraina, per tutto il 2024. In sede locale, poi, non si è ben capito a quale alleanza sociale si vorrebbe fare riferimento, la proposta è stata: “Bisogna parlare con tutti”. Un intervento ha, addirittura, incoraggiato il prelievo fiscale per far fronte al buco nella Sanità con un evidente danno a carico dei ceti medi; proprio quei ceti medi tanto presenti in una realtà come quella senese. Nessun riferimento viceversa, ai costi e al loro contenimento che, ad esempio, vedono nel sistema toscano la stessa quantità di robotica chirurgica di tutta la Francia. Semplici contraddizioni? Ma l’aspetto che salta più agli occhi è la mancanza di analisi concrete in situazioni determinate e le relative proposte. Parliamo di Siena. Tralascio la questione delle alleanze e in particolare di quelle con il civismo che meriterebbero un approfondimento a parte con il Pd, che prima le ha caldeggiate e poi ne è rimasto vittima. Il partito della Schlein, per quanto mi riguarda, ha ormai delegato a singole persone la propria azione “politica”. Persone che quando va bene hanno una logica tutta interna a ciò che amministrano, quando va male pensano a loro stessi e alla propria continuità amministrativa. Così facendo il partito ha perso la capacità di elaborazione e di proposta con la quale confrontarsi anche con gli amministratori che ha contribuito ad eleggere o ha nominato. Prassi che spesso non permette di interpretare i bisogni della società, sempre in trasformazione con le contraddizioni che ciò comporta e le possibili alleanze sociali e politiche necessarie al governo dei processi. Anche perché delegando in questo modo, il collettivo partito è svuotato delle conoscenze analitiche necessarie alla stessa elaborazione. Il rischio che è diventato da tempo realtà è quello che le discussioni siano ridotte ai soli nomi e al bilanciamento delle correnti che il nominalismo contribuisce a creare. Il nome diventa il partito (primarie) che lascia a questi singoli personaggi il compito di essere gli artefici del successo o della perdita dei consensi. Salvo poi, se quest’ultimo caso dovesse accadere, di cambiare la persona: operazione quasi mai vincente. Potrei citare come esempio paradigmatico, la questione del Biotecnopolo e della TLS le cui verità stanno venendo lentamente a galla. Se si guarda la mozione presentata dal Pd in consiglio comunale, si capisce che era confezionata per un solo nome e per una sola entità che ha consumato se stessa e la sua missione per fare da supporto ad un soggetto come la GSK il cui futuro nel territorio non è ben chiaro. La questione è molto più complessa, e come tale non è possibile delegarla a singoli soggetti che ricoprono ruoli apicali in realtà amministrative diverse. Persone non sempre del luogo e non sempre della stessa appartenenza politica. Costringendo nei fatti il partito a un ruolo da gregario subalterno, di supporto scarsamente consapevole della direzione da cui provengono le indicazioni e gli obbiettivi. Fenomeno di facile lettura in quelle zone dove il potere amministrativo del Pd, inteso in senso largo, è ancora diffuso e ramificato. Si potrebbe continuare, ma mi preme solo sottolineare, a questo punto, che i problemi descritti non affliggono i partiti del centrodestra che hanno una storia diversa e non vengono da un percorso politico che aveva nel partito, come intellettuale collettivo, le proprie lontane radici. In Toscana poi il centrodestra è costretto ad azioni politiche di movimento, rapide, contro un Pd le cui casematte (luoghi di governo) sono in forte crisi.