Bagnoli risponde alla direttrice del Santa Maria della Scala: non è una macchia, ma una progressiva disgregazione di materiali
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1 Febbraio 2024L’ex sindaco scrive: “Prima la zumba, ora il vino al Santa Maria e altri eventi che starebbero meglio in spazi meno rischiosi” Beni culturali, quale ruolo? Piccini: “Sembra che la città li abbia trasformati soltanto in una prestigiosa scenografia”
di Pierluigi Piccini*
SIENA Dieci armi or sono fu la zumba, oggi la degustazione del vino. Nel mezzo un tempo lunghissimo, ancora una volta inutilmente trascorso, nel quale il progetto del Santa Maria della Scala si è smarrito, con la conseguenza che chiunque si è sentito autorizzato a proporre in quegli stupefacenti ambienti iniziative estemporanee, inappropriate, talvolta addirittura rischiose per il patrimonio culturale stesso. E non v’è alcun dubbio che tanto l’affollamento fuori controllo, quanto la natura dell’iniziativa stessa abbiano costituito una causa potenziale di danno per le pareti del Pellegrinaio (mentre altri spazi del complesso si sarebbero prestati assai meglio a ospitare l’iniziativa). Ma questo è il ruolo che la città sembra aver scelto per i beni culturali, quello dello sfruttamento a ogni costo, della loro trasformazione in attrattori (parola orribile) o, come nel caso in specie, in prestigiosa scenografia. La tutela, la conservazione, la vera valorizzazione che nulla ha a che spartire col mercimonio restano invece temi negletti nel dibattito politico e culturale della città. E le azioni, da un quarto di secolo a questa parte, si rivolgono costantemente in direzione, ci perdoni De André, “ostinata e contraria”: lo sciagurato scioglimento dell’Istituzione Santa Maria della Scala che ne ha decretato la china Sotto gli affreschi del Santa Maria della Scala Si è appena chiusa un’edizione di Wine & Siena sempre molto frequentata inesorabile, riducendola per anni a ufficio del Comune (oggi fondazione del terzo settore dal roboante nome Antico Ospedale Santa Maria della Scala, ma al momento soltanto un guscio vuoto); la persistente e colpevole trascuratezza nei confronti del Museo civico che, ahinoi, non è tale, senza direttore, senza personale, senza strategia; la chiusura/non chiusura del Centro di arte contemporanea del Palazzo delle Papesse (allora non si ebbe neppure il coraggio di dichiararlo, scegliendo la lenta eutanasia attraverso la trasformazione in dipartimento di arte contemporanea del Sms); infine, episodio di questi giorni passato in sordina (formalizzato soltanto nell’allegato di una delibera di giunta come le clausole a caratteri minuscoli nei contratti), il depotenziamento di fatto dell’istituzione Biblioteca comunale degli Intronati. Non vorrei che la stessa sorte sortisse anche il Santa Maria della Scala, le nuove nomine di persone che non hanno attinenza professionali con l’antico Ospedale servissero proprio a questo. Un fallimento imporrebbe sicuramente un ripensamento della forma giuridica, in più con un presidente che ha tutte le caratteristiche di un direttore e con un direttore in ruolo che ancora non abbiamo ben capito cosa stia facendo. Se così fosse chissà come si comporteranno gli attuali consiglieri e assessori presenti nella precedente amministrazione se ci fosse il momento opportuno? Ci sembra davvero più che mai evidente l’urgenza di creare una struttura comunale che sia in grado di gestire appropriatamente il suo sistema museale e culturale, affidata a professionalità capaci e competenti, dotate dei necessari e riconosciuti titoli, una struttura che risponda agli standard e alle norme preposte e non galleggi nell’indistinto mare delle “politiche culturali” degli estemporanei eventi e della frettolosa promozione, ponendo invece come primo obiettivo la salvaguardia del patrimonio, straordinario per qualità, quantità ed estremamente variegato per tipologia. La tutela e la conoscenza, la ricerca, sono le uniche premesse per una sana e corretta valorizzazione del patrimonio che ne garantisca la più ampia fruizione senza metterne a repentaglio lo stato di conservazione e svilirne la funzione, l’immagine, la storia, il ruolo di collante identitario nel quale l’intera comunità naturalmente si riconosce e ci cresce generazione dopo generazione. Questa ci pare l’unica strada per non dover essere costretti a dare ragione a Andy Warhol quando scriveva: “tutti i grandi magazzini diventeranno musei e tutti i musei diventeranno grandi magazzini”.
*ex sindaco di Siena