BERLINO — È il taglio dei tassi più annunciato della storia della Bce, e avverrà oggi. Alla vigilia delle elezioni europee più importanti di sempre, Christine Lagarde concederà un po’ di ossigeno a un’economia che si sta riprendendo a fatica dagli anni difficili della pandemia e della guerra in Ucraina. Con un alleggerimento del denaro, probabilmente, da un quarto di punto. E la mossa del consiglio direttivo ci risparmierà, forse, il solito fuoco di fila di esponenti di spicco del governo Meloni. Che dal 2022, quando l’inflazione aveva cominciato a battere record dopo record e la Bce aveva iniziato la sua fase rialzista, prendono di mira Lagarde per una scelta inevitabile, per un banchiere centrale. Che ha come missione principale quella di tenere sotto controllo i prezzi. E, a proposito di missione: è la prima volta dal 2008 che la Bce non ridurrà il costo del denaro per rispondere a una crisi finanziaria, ma perché l’inflazione sta tornando verso l’obiettivo del 2%.
Da oggi il costo del denaro tornerà dunque a scendere, per la prima volta dal 2019, perché l’inflazione sta calando da mesi. E il taglio è stato talmente preventivato dai mercati, che persino nella patria dei falchi, la Germania, i mutui e i prestiti costano già meno. Il vero interrogativo che assilla però gli analisti — che guardano con ansia anche a ciò che sta succedendo negli Stati Uniti — è cosa succederà tra oggi e la fine dell’anno, cioè quante riduzioni dei tassi ci saranno ancora da qui a dicembre. Perché il problema è, sulle due sponde dell’Atlantico, che l’inflazione sembra piuttosto resiliente.
La situazione, al di qua dell’oceano, sembra meno instabile. Certo, a maggio l’inflazione dell’eurozona ha segnato un piccolo balzo del 2,6% in controtendenza con la fase discendente dei mesi precedenti, e il mini picco è dovuto in sostanza a una ripresa che si sta irrobustendo e a qualche rinnovo dei salari. Ma per i prossimi mesi le nuvole che potrebbero incupire le aspettative di ulteriori tagli dei tassi da parte della Bce, accanto a qualche pressione dal settore dei servizi, rischiano di arrivare proprio dagli Stati Uniti.
Un mese fa gli analisti sono staticostretti a cancellare precipitosamente i loro pronostici, quando è stato chiaro che a fronte di un’economia galoppante, spinta anche dai maxi piani di stimolo voluti da Joe Biden, l’inflazione negli Stati Uniti restava testardamente alta. Talmente alta che qualcuno comincia a pensare che i prezzi rischiano di essere tra gli ostacoli maggiori alla rielezione del presidente Democratico: sono scesi rispetto ai picchi del 9% nel 2022, ma restano inchiodati oltre il 3%. E se qualche mese fa la curva discendente dei prezzi aveva indotto gli analisti a prevedere addirittura sei riduzioni dei tassi per la fine del 2024, ora ci si limita a due. E per il capo della Casa Bianca, il grande punto interrogativo è se la Fed comincerà a tagliare il costo del denaro a settembre o a novembre. Perché in quest’ultimo caso avverrebbe dopo le elezioni. E Biden potrebbe essere insomma meno fortunato dei suoi colleghi europei, cui Lagarde regalerà oggi la prima riduzione del costo del denaro in cinque anni, a tre giorni dalle Europee.
I mercati staranno attenti oggi a cogliere nelle parole di Lagarde e nei suoi resoconti del consiglio direttivo della Bce, ogni indizio sull’orizzonte temporale dei possibili tagli futuri. E, come al solito, gli animi si dividono già tra i falchi come la tedesca Isabel Schnabel, che all’ Ard ha detto di intravedere «elementi persistenti di inflazione» e le colombe come l’irlandese Philip Lane e il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, che avvertono che i danni, per l’economia europea, potrebbero derivare anche dalle condizioni restrittive che continuano a dominare il mercato americano. Più saggio, allora, alleggerire i tassi per quello europeo.