VOTO VOLATILE E ASTENSIONE DOPPIA LEZIONE PER I PARTITI
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Roma
Il testo approvato dal Parlamento che introduce l’autonomia differenziata è al Quirinale e tutto lascia presagire che Sergio Mattarella si prenderà per intero i 30 giorni che la legge gli lascia per la promulgazione, dopo «attento esame» del delicato provvedimento.
L’istituzione presidenziale è già sotto i riflettori di suo, nella partita collaterale che si gioca sulla riforma del premierato, che scivola inesorabilmente verso la resa dei conti finale del referendum confermativo. Consultazione che per forza di cose non potrà non includere una valutazione su quello che è stato l’operato dell’inquilino del Colle nel decennio e passa precdente. Non che Mattarella si senta per questo come in una personale “campagna ellettorale”, semmai è “inchiodato” ancora più decisamente a osservare il ruolo che gli compete, quello di arbitro. Un arbitro anzi impegnato a respingere con decisione le spinte contrapposte di chi ne auspica, da un lato, un progressivo “sbiadimento” del ruolo nella percezione della pubblica opinione, e di chi dal lato opposto lo vorrebbe “in campo” come vero e proprio controaltare istituzionale del primo governo repubblicano guidato dalla “destra-destra”.
Ma la credibilità dell’attuale inquilino del Colle e dell’istituzione Quirinale si lega proprio alla sua capacità, agli occhi del Paese, di tenersi distante da queste due spinte opposte: arbitro, ma non “asettico”, essendo in ballo la tenuta di principi istituzionali fondamentali come la tenuta del sistema Paese, a partire dal servizio sanitario, e nel contempo il principio dell’autonomia, caro alla tradizione popolare e cristiana, da Sturzo a De Gasperi.
Considerato il contesto e la materia del contendere si può sostanzialmente escludere che fra le opzioni che valuta Mattarella ci sia quella richiesta dal Movimento 5 stelle che nei giorni scorsi, attraverso i capigruppo Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli, gli hanno chiesto di non firmare il provvedimento esercitando la sua prerogativa costituzionale di «rinvio presidenziale di cui all’articolo 74 della Costituzione ». La Presidenza della Repubblica, fanno notare dal Colle, non è la terza Camera dello Stato e non è nemmeno la Corte Costituzionale, che dirà a sua volta la sua se chiamata in causa. La valutazione del Quirinale sarà attenta più che altro, invece, all’aspetto politico-istituzionale. E non potrà non tener conto del fatto, tanto per iniziare, che la annosa partita delle differenti autonomie regionali nasce dalla riforma del Titolo V targata centrosinistra. Ma neppure potrà essere estranea alla sua valutazione di supremo garante della sovranità popolare – è l’altro fatto -, e cioè che il corpo elettorale ha sonoramente bocciato, nel 2006, la riforma costituzionale Berlusconi- Bossi ispirata alla devolution, sopraffatta dalla saldatura di una opposizione di natura politica e una di tipo territoriale. E poco importa se sondaggi simili potrebbero oggi spingere a un nuovo referendum con esiti non diversi. Perché sembrando preclusa la strada più veloce delle cinque regioni che lo chiedono, quella della raccolta firme è certamente più lunga e complessa, mentre la valutazione quirina-lizia, pur non affrettata, ha tempi molto più ristretti. Oltre alle perplessità di molti giuristi pesa inoltre il giudizio non meno autorevole di tecnici “a favore” come Sabino Cassesse che segnalano l’importanza di una legge quadro sull’autonomia, al posto delle approvazioni “a foglia di carciofo” delle singole autonomie in trattative individuali, prive di una valutazione d’insieme. E allora, a ben vedere, la vera questione che è sotto la lente del Quirinale, e che potrebbe portare a una promulgazione con un messaggio motivato alle Camere, è se il testo del governo comporti o meno, di fatto, una devoluzione territoriale dei ricchi che il popolo ha già bocciato, o mantiene un quadro d’insieme di tenuta dei conti e dei servizi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. In questo quadro, più ancora che la dialettica fra sordi fra maggioranza e opposizione, il Quirinale potrebbe sottolineare con un tratto di evidenziatore dei correttivi sollecitati nella stessa maggioranza, a partire dall’»Osservatorio », promosso da Forza Italia per monitorare la tenuta dei conti e il livello dei cosiddetti Lep, concetto di grande rilevanza costituzionale sia in relazione al principio uguaglianza (articolo 3) sia a quello di unità e indivisibilità della Repubblica (articolo 5). Correttivi che dalle “varie ed eventua-li”, a mo’ di post scriptum, il Quirinale potrebbe indicare come presupposto necessario prima del via libera vera e proprio alle singole autonomie regionali.