Bassilichi
diAzzurra Giorgi«Questa della moda non è una crisi congiunturale. E non si può aspettare che passi». Da mesi i numeri di Irpet, Bankitalia, Inps delineano un settore, quello della moda, che arranca, fa fatica.
Produzione ed export in calo, ammortizzatori sociali in aumento.
Perché? Inflazione e crisi internazionali, si è sentito dire spesso. Ma per il presidente della Camera di Commercio di Firenze, Leonardo Bassilichi, c’è anche di più. E di questo discuterà oggi a un incontro, dalle 11 alle 13, in Camera di Commercio (a ingresso libero) con Brunello Cucinelli.
Presidente, da tempo si parla di questa crisi.
«Per me non è congiunturale. In questo momento in Toscana, e specialmente a Firenze dove abbiamo più aziende grandi con filiere importanti, vediamo un effetto maggiore di quelle che vanno male e per questo abbiamo la percezione che questo sia l’andamento del mercato totale. Ma se si approfondisce ci sono situazioni diverse, interessanti da leggere. E siamo di fronte a un’evoluzione forse anche epocale del consumo».
In che senso?
«Il consumatore, più o meno consapevolmente, cerca il prezzo giusto del prodotto. In Italia chi fa qualità è premiato, non a caso artigiani e imprese che sembrano andar meglio son quelle che fanno qualità, di prodotto e manifattura.
Ecco il perché oggi dell’incontro con una di queste, Cucinelli. Voglio approfondire e penso ci possa dare una mano a capire il mercato».
È finita l’era in cui si strapagano i prodotti?
«Per me sì. C’è più consapevolezza. È finita l’epoca in cui si paga un prodotto per una cifra che non trova coerenza col valore oggettivo.
Come, ad esempio, nel caso di una borsa non di pelle venduta al prezzo della pelle».
Questa crisi può passare?
«Nessun imprenditore, specialmente quello delle filiere, può mettersi ad attendere che ilcliente che sta sul mercato riparta come prima. Perché non credo che questo accadrà. Stare ad aspettare vuol dire certamente, se fosse vera questa tesi, andare in situazioni di grave difficoltà».
Che dovrebbero fare?
«Io non sono imprenditore della moda, non conosco così a fondo il settore. Ma chi fa impresa non può stare legato a pochi clienti: anche se stessero andando bene serve lavorare su più clienti. Più ti allarghi e meno rischi hai. Poi c’è chi ce l’hafatta mettendosi insieme o presentandosi sul mercato aumentando la qualità. Sulla quantità si perde sempre. Se fai un qualunque materiale e te la giochi sulla quantità perdi: non abbiamo la possibilità di esser produttivi al punto da vincere sulla quantità. Non si può certamente banalizzare dicendo che siamo un attimo in crisi, questo fenomeno ce lo porteremo avanti per chissà quanto, le imprese devono provare a trovare qualche strada alternativa».
Vale anche per le multinazionali? Qualcuna ha iniziato ad abbassare i prezzi.«Anche loro devono decidere o di alzare la qualità tornando al fatto a mano, e questa è una grande occasione per i nostriartigiani, o usare linee di produzione per i loro prodotti: per noi quest’ultima scelta sarebbe un problema, per loro vorrebbe dire andare su mercati quantitativi».
Vede altri cambiamenti?
«C’è un problema, cronico e già pre-Covid, del personale nella pelletteria. E poi il costo del denaro ha fatto sì che i magazzini costassero: si è iniziato quindi a produrre meno, a usare meno i magazzini, e questo in filiere del genere ha un impatto. Le aziende smettono magari di approvvigionarsi con grandi magazzini e fanno ordini diversi, piùpiccoli. Non è un dato da crisi, cambia un modello. Per cui oggi ragioneremo sì dei numeri, ma col supporto di esperienze importanti che possono dirci cose diverse e perché certe cose accadono».