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27 Luglio 2024Un’altra rivoluzione francese
di Aldo Cazzullo
parigi
Più Edith Piaf che Napoleone. Più Venere che Marte. Canzoni d’amore, film che finiscono bene. Colore dominante, il rosa. A libertà, uguaglianza e fratellanza si aggiunge la sorellanza. Non si vede la statua di Giovanna d’Arco, bensì quella di Louise Michel eroina della Comune, con una Marianna nera a cantare la Marsigliese; anche se a un tratto pareva di stare nella canzone di Annalisa, quando si è visto lui baciare lui mentre lei era incerta se baciare lui o lei…
Parigi ha messo in scena davanti al mondo una versione addolcita, irenica, idealizzata della sua storia. Una performance d’arte contemporanea: a volte sembrava di essere alla Biennale, altre a un Gay Pride, altre ancora a una sfilata di moda. Di sicuro domani Marine Le Pen protesterà, e non solo per la presenza della sua nemica giurata, la cantante di banlieue Aya Nakamura, sia pure accanto alla Guardia Nazionale. Qualcuno si è annoiato, altri si sono divertiti, molti hanno trovato lo spettacolo deludente; di sicuro la pioggia non ha aiutato.
Non c’è traccia dei «fiumi di sangue» che secondo de Gaulle erano serviti a fare la Francia. Notre-Dame non è la cattedrale cattolica ma un cantiere; il Louvre è lo scrigno della Gioconda e il nascondiglio di Belfagor, non lo scenario del massacro dei protestanti nella notte di San Bartolomeo (voluto forse dalla nostra Caterina de’ Medici); place de la Concorde è il luogo della breakdance, del rap, della musica multietnica, non della ghigliottina.
Olimpia torna a Parigi dopo cento anni, nella città del barone de Coubertin che l’ha reinventata dopo quasi due millenni, oggi accusato di misoginia. Un presidente indebolito, Emmanuel Macron, accoglie una first lady al passo d’addio, Jill Biden. Gli ucraini evitano i russi — «per noi sono trasparenti» —; gli israeliani scortati dal Mossad e le iraniane velate si guardano di sottecchi da un bateau-mouche all’altro; il Telegraph di Londra scrive che i Giochi sono lo specchio rotto di un mondo a pezzi. Eppure i Giochi restano la giovinezza del mondo, perché sono sempre giovani gli atleti che danno loro un’anima, e sono sempre più veloci, sempre più forti, vanno sempre più in alto; proprio come li sognava de Coubertin.
Si sono bagnati tutti: gli ottantacinque capi di Stato e di governo (ne erano attesi di più, qualche previdente ha dato buca), compreso Mattarella amorevolmente protetto dall’ombrello della figlia Laura; i trecentomila spettatori; e gli atleti in barca, che erano i più felici. Ma il capo dell’organizzazione, l’ex olimpionico di canoa Tony Estanguet, dice che dobbiamo stare allegri anche noi: «Non ne posso più di tutto questo pessimismo! Il mondo in questi anni ha affrontato il Covid, le guerre, l’inflazione; cosa saranno mai due gocce d’acqua!».
Il venerdì olimpico non poteva cominciare peggio, con l’attacco alla rete ferroviaria, che ha paralizzato la Francia: resse omeriche nelle stazioni di parigini in fuga; silenzio spettrale nelle strade. Lungo faubourg Saint-Honoré, la via dell’Eliseo, un poliziotto ogni due metri, mai visto uno schieramento così neppure alla Casa Bianca dopo l’11 settembre. I lettori di QrCode sono rotti, ai cancelli si creano affollamenti tutt’altro che opportuni. Il presidente argentino Milei saluta felice i passanti sbigottiti — «ma questo chi è?» —, mentre i suoi compatrioti calciatori venivano rapinati di denaro e cellulari negli spogliatoi. Ma queste cose in tv non si sono viste. E lo spettacolo era stato pensato soprattutto per i due miliardi di telespettatori.
È stata anche una festa, con la gente affacciata ai balconi, l’applauso ai tedofori da Zinedine Zidane a Laetitia Casta (era qui anche l’ex marito Stefano Accorsi), gli angeli con le ali a suonare la fisarmonica sulla balaustra dei ponti, compreso quello dell’Alma, dove alla fine del secolo scorso morì lady Diana. Lady Gaga è diventata bionda e ha fatto un numero da Moulin Rouge, con le piume di struzzo. Uomini che danzano in gonna, voci bianche, bionde barbute, modelle anziane tipo le Velone di Striscia la Notizia.
I registi della cerimonia si sono ispirati al 1989, quando la Parigi di Mitterrand celebrò il bicentenario della presa della Bastiglia in una parata coloratissima. Stavolta però la rivoluzione è appena evocata, con Maria Antonietta che tiene in mano la propria stessa testa mozzata cantando il «ça ira», il canto dei giacobini; ma tanto era austriaca. Gli atleti danzano felici sotto l’acqua, per primi i greci, come da tradizione, poi i Rifugiati, con il commissario Onu, il milanese Filippo Grandi. Acclamati algerini, marocchini, tunisini; applausi di cortesia per i tedeschi; buu per gli argentini; qualche fischio per gli israeliani. I campioni con telefonino fotografano il pubblico che fotografa loro. La delegazione delle Bermuda, coerentemente, in bermuda. Quelle del Bhutan e della Cambogia stanno tutte su un motoscafo. L’età media sulla barca nepalese è 62 anni, ci sono più dignitari che sportivi. Paradisi fiscali — molto sorridenti gli atleti delle isole Cayman — e nazioni martoriate da guerre recenti e in corso: simpatia per la Bosnia e il Ruanda, commozione per la Siria e per l’unico atleta somalo, portabandiera di se stesso. Bellissimi Gianmarco Tamberi e Arianna Errigo, che sventolano il tricolore ridendo come bambini, i capelli lunghi e fradici (occhio alle tonsille).
La bandiera americana sventolata dall’alto dei due metri e sei centimetri di LeBron James sovrasta le altre. Ed ecco la barca dei padroni di casa, tempestata di bandiere come un quadro impressionista, con Macron in piedi ad applaudire quasi da solo: molti colleghi erano già in albergo ad asciugarsi. Infine, per la prima volta, il vessillo con le stelle d’Europa. Ed è all’insegna dell’Europa l’ultimo atto.
Zidane passa la torcia a Rafa Nadal, emozionatissimo, che accende non un braciere ma l’intera Tour Eiffel; poi porta la fiamma in barca, con Serena Williams, Carl Lewis e un’altra europea, Nadia Comaneci. Quindi tocca agli atleti paralimpici, e alla coppia che nel cortile del Louvre affida la torcia a una mongolfiera. Teddy Riner, judoka da tre ori olimpici e 138 chili. E Marie-Jo Perec, in questi giorni idolo dei social grazie al video in cui si commuove leggendo la lettera che il presidente di allora le scrisse dopo i due ori di Atlanta: «Io ho fatto un sogno, e lei l’ha realizzato», firmato Jacques Chirac, a ricordare che c’è destra e destra. Dall’alto della Tour Eiffel, Céline Dion commuove cantando l’Inno all’Amore.
Si accendono anche i lampioni liberty sul ponte Alessandro III dedicato allo zar. Macron dichiara aperti i Giochi in tutta fretta, per evitare i fischi. Comincia un altro capitolo del romanzo olimpico, Owens e Hitler, Nurmi e Zatopek, Olga Korbut e Nadia Comaneci, il pugno di Muhammad Ali divenuto traballante ad Atlanta 1996, Abele Bikila a piedi nudi sotto l’arco di Costantino, Berruti mano nelle mano con Wilma Rudolph, il dito alzato di Mennea. De Coubertin le chiamava le ombre di Olimpia, che hanno visitato anche i nostri peggiori incubi: il sangue di Città del Messico 1968 e di Monaco 1972, i Giochi dei boicottaggi e del doping. Eppure l’Olimpiade rinasce nuova a ogni generazione. La folla sfila, bagnata, esausta. La prossima settimana il meteo dà 36 gradi. A mezzanotte, il poliziotto di guardia davanti al Grand Palais certo non sa di parafrasare i fratelli Vanzina quando si congeda dai commilitoni: «E anche questa cerimonia olimpica ce la siamo tolta dai piedi».