“Sembra che il ministero sia più interessato a perpetuare un sistema che arricchisce l’indotto dei concorsi piuttosto che risolvere realmente il problema”, dice Luigi Sofia, docente precario di 31 anni di Pisa. Fa i conti in tasca al ministero: 372.635 gli iscritti al concorso straordinario ter. Dieci euro a candidato per iscriversi, sono circa 4 milioni. Poi l’indotto editoriale: un libro di preparazione costa in media 30 euro. Per solo la metà dei candidati, 4 milioni di guadagno alle case editrici. “Per non parlare delle università telematiche, che vendono a caro prezzo le certificazioni utili in graduatoria. Invece di assegnare le cattedre vacanti a chi ha già superato le prove nei concorsi precedenti e creare graduatorie includendo gli idonei da stabilizzare in futuro, il ministero bandisce nuovi concorsi (ce n’è uno in corso, ndr)”. I concorsi, poi, si sovrappongono. Alcuni finiscono prima, altri dopo, i posti si accantonano per un tempo indefinito e la bolla esplode puntualmente a settembre.
I ritardi.
I percorsi abilitanti tanto necessari, ad esempio, sono stati previsti dalla riforma Bianchi e prevedono una spesa intorno ai 2 mila euro per i corsi da 30 crediti formativi e 2.500 per quelli da 60 Cfu. I primi avrebbero dovuto concludersi a febbraio 2024, i secondi a maggio. Ebbene, a causa di ritardi (anche del Mim) i primi sono iniziati a marzo, gli altri a luglio. “E gli atenei telematici sono stati tra i primi a organizzarsi proponendo corsi online di due mesi al massimo – spiega Adele Avella – mentre le università pubbliche hanno fatto registrare ritardi anche di un mese. È impossibile che un corso da 30 crediti duri solo due mesi visto che per decreto ogni credito vale tra le 20 e le 25 ore”. Mentre i ritardi impediscono a molti di partecipare ai concorsi e pure di inserirsi nelle prime fasce delle Gps (Graduatorie provinciali per le supplenze). Martedì la Flc Cgil ha formalmente diffidato il ministero ad adottare “immediate e tempestive” disposizioni per la stipula di contratti a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti e disponibili. “Condanniamo la scelta di limitare il numero per le assunzioni”: 45.124 su 64.156 posti liberi.
Tour de Force.
“Dopo cinque anni di servizio, mi sono iscritta al corso di abilitazione a Torino – racconta invece Sara Graziano – Assicuravano l’avvio a luglio e tre settimane intensive”. Deve affrontare il concorso a novembre. In mezzo, decine di problemi. “Non sono rientrata nella riserva che, a monte del mio lungo servizio, mi permetteva di far meno crediti e pagare meno”. Poi calendari sballati, lezioni al mattino, professori in ferie, decine di prove finali, centinaia di ore e lezioni concentrate in 3 mesi, incognite. “Non si conoscono ancora dettagli su tirocinio, sedi, modalità e i tempi – spiega –. Inoltre, la fine dei corsi, gli esami e i tirocini si accavalleranno con la nostra presa di servizio, sempre da precari. Dovremo scegliere se abilitarci o lavorare”. I ritardi si ripercuotono pure sulle prove dei prossimi concorsi. Una slavina di disordine.
E a volte può servire finanche la Polizia, come nel Lazio, per “favorire” l’incontro tra docenti in protesta e l’Ufficio regionale. Alcuni docenti di Francese vincitori del concorso ordinario 2020 per un errore dell’Usr l’anno scorso, sono stati scavalcati in graduatoria da altri. Quando l’ufficio se n’è accorto, ha dovuto licenziare i precedenti e assumere gli aventi diritto. Quest’anno stava accadendo di nuovo: “Ma nessuno ci rispondeva, né alle Pec né al telefono”, racconta Gaia De Cupis. Solo un presidio e l’intervento delle forze dell’ordine hanno sbloccato la situazione. Più o meno: “A tre giorni da settembre ancora non sappiamo dove prenderemo servizio”, conclude la docente.