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2 Settembre 2024RDC : ce que l’on sait de la tentative d’évasion à la prison Makala
3 Settembre 2024di Pierluigi Piccini
Leggendo qua e là degli articoli dedicata alla campagna toscana, e in particolare a quella della parte meridionale della Regione, mi sono reso conto che nella stragrande maggioranza dei casi la natura è letta nei suoi aspetti estetici se non teologici, e ancor più difficilmente per quello che è realmente: una forma di natura, naturata di dimensione metafisica. Il tutto mi ha ricordato la polemica contro Düring di ottocentesca memoria. Viceversa il fattore estetico è determinato soprattutto, qui da noi, dal lavoro umano che si è sedimentato nel tempo (Emilio Sereni e il famoso ritto-chino). Là, dove questa presenza è venuta meno, la natura ha ripreso il suo essere indomabile. “Lavoro sedimentato” vuol dire molto anche e non solo, gli strumenti usati che cambiano da luogo a luogo. Voglio solo citare il “pennato”, di forma diversa da una parte all’altra dell’Ombrone. Il lavoro è conoscenza tramandata, è rispetto e consapevolezza dei tempi dell’ambiente, è organizzazione sociale, è cultura alimentare, è pianificazione urbanistica dei luoghi, a partire dal cosiddetto “borgo”, termine diventato cosi tanto di moda fino ad essere stucchevole (e spesso usato a sproposito). Purtroppo, di moda dobbiamo parlare, se guardiamo con quale facilità e frequenza viene venduto o occupato il territorio. È innegabile che un mondo è scomparso o è in via di profonda trasformazione, che esistono zone ormai abbandonate soprattutto nelle parti isolate più interne. È vero anche che alcuni interventi hanno permesso la conservazione di luoghi che altrimenti sarebbero andati in rovina. Interventi, però, concentrati prevalentemente in “zone agricole ricche” o termali (e in provincia di Siena ce ne sono), ma spesso attraverso forme di privatizzazione che hanno minato le comunità preesistenti e che hanno puntato, in molti casi, solo alla rendita fondiaria, a danno dei residenti: la conseguenza è l’aumento dei costi delle case, che costringe le giovani coppie a emigrare verso campagne più “povere”, mentre i grandi magazzini alimentari praticano prezzi tra i più alti d’Italia, che obbligano i cittadini a viaggi per acquistare prodotti a costi più contenuti. Possiamo dire che tutto ciò appartiene ad una prima fase della trasformazione del territorio. Oggi stiamo assistendo ad un secondo momento della trasformazione: l’uso da parte del capitale di interi borghi, il cui fine è turistico-culturale è solo una copertura, visto che il vero obiettivo, ovviamente, è la valorizzazione degli investimenti. Interventi di monetizzazione che, come si legge, non sempre hanno il gradimento delle comunità in cui si insediano. Dovuto, forse, al fatto che sono delle vere e proprie fratture, rotture con il modo di essere a cui i residenti sono abituati a vivere. Una questione è “conservare”, in qualche modo, un rapporto con il mondo precedente, come è avvenuto in una prima fase ancora sostanzialmente agricola o almeno nella parvenza di esserlo. Se ne paga lo scotto, ma tutto sommato il sistema regge; altra cosa è lo svuotamento della comunità e l’occupazione di interi piccoli paesi: una decotestualizzazione e privatizzazione con l’esistente. Una partita importante la potrebbero giocare il Pubblico, le Amministrazioni comunali che hanno – volendo – anche i mezzi per intervenire; qualcosa di interessante la sta facendo la Regione Toscana: lo dimostrano le cooperative di comunità, che in alcuni casi hanno determinato la resistenza dei giovani ad essere presenti e a dar vita a servizi, attività artigianali o culturali che hanno determinato, in qualche caso, perfino un rilancio economico e di immagine di piccole realtà altrimenti condannate all’oblio (un esempio su tutti: Monticchiello). Ma un conto è determinare e gestire direttamente, con coraggio e con risorse pubbliche il proprio destino. Altra cosa è la scelta delle amministrazioni pubbliche, sede degli interventi sopra descritti, di accontentarsi dei “miraggi” che vengono promessi e che non sempre vengono mantenuti: occupazione, innovazione, internazionalizzazione e via discorrendo. Il territorio sta subendo quello che ormai le città, soprattutto quelle d’arte, stanno vivendo, spesso senza accorgersene: l’accumulazione del capitale attraverso l’arte, che nel caso della provincia si unisce alla natura trasformata.