Se passa l’emendamento, niente più Silvia Albano, tra i giudici che hanno liberato i primi 12 richiedenti dal centro albanese di Gjader e per questo attaccata dalla politica e oggetto di anonime minacce. Ma nemmeno Iolanda Apostolico, la prima che, un anno fa a Catania, disapplicò il decreto “Cutro” per incompatibilità con le norme Ue, attirandosi le ire del governo. Perché a convalidare i trattenimenti, in Albania come in Italia, non saranno più le sezioni immigrazione, quelle che, da ultimo, hanno demolito il Protocollo Italia-Albania in base alle direttive Ue. Preferendo chi ha esperienza in materia, conosce l’inglese o il francese e prevedendo obbligatori corsi di aggiornamento, le sezioni specializzate sono composte da giudici scelti “tra i magistrati dotati di specifiche competenze”, come recita la legge del 2017 che le ha istituite proprio perché decidessero, tra l’altro, dei “procedimenti per la convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale”. Norma che resta, visto che Meloni e soci nemmeno si disturbano a modificarla o a eliminare del tutto le sezioni, come pure qualcuno sperava. Più semplicemente, le esautora perché non condivide le sentenze e incarica le Corti d’Appello, già oberate di lavoro e ora a rischio di ingolfarsi, come ha avvertito ieri l’Anm. Bontà sua, l’emendamento restringe anche la possibilità di impugnare le convalide in Cassazione. Un invito a deciderne in fretta, senza dilungarsi nelle motivazioni perché tanto nessuno potrà metterci becco. E tuttavia un dubbio rimane: perché le Corti d’Appello non dovrebbero sospendere tutto, rinviare alla Corte di giustizia europea come hanno fatto i tribunali e di conseguenza liberare i migranti? A meno di non contare su una diversa sensibilità agli argomenti del governo, non c’è ragione di crederlo. Al netto di questo, c’è la prova di forza, l’ennesima contro la magistratura e il diritto d’asilo. Infatti non è tutto. Il decreto “flussi” dimezza riducendo a sette i giorni per impugnare il diniego della domanda d’asilo e il contestuale respingimento. Tempi che in Albania non basterebbero nemmeno a dare la procura a un avvocato di fiducia, come i legali entrati a Gjader hanno raccontato. Ora l’emendamento aggiunge che “la proposizione del ricorso o dell’istanza di sospensione (del respingimento, ndr) non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato”. Un paradosso: si concede al richiedente di domandare la sospensione del rimpatrio ai fini del suo ricorso, ma non si dà al giudice il tempo di rispondergli, col rischio che lo faccia a respingimento avvenuto. E secondo i correttivi proposti ieri dalle opposizioni, c’è anche il rischio di violare le norme Ue. Per garantire un accesso effettivo alla difesa, “gli Stati membri autorizzano il richiedente a rimanere nel territorio in attesa dell’esito della procedura”, dice la direttiva 32 del 2013 sulla richiesta di sospensiva del respingimento. Ancora: “I termini prescritti non rendono impossibile o eccessivamente difficile tale accesso”. Per non parlare della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue: “Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo”.
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