Per la sua straodinaria filmografia, impegnata a raccontare le condizioni di vita dei ceti meno abbienti, i problemi e le contraddizioni della società globalizzata, ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia nel 1994 e il Pardo d’onore al Festival di Locarno nel 2003.
E ora l’Ulivo d’oro. «Sono molto grato agli amici di Lecce per l’onore che mi hanno conferito. Prendo questo premio a nome di tutta la squadra perché il cinema è una questione collettiva». Per la retrospettiva il team della rassegna leccese ha fatto un ottimo lavoro di condensato loachiano. Tra le pellicole proiettate c’erano Riff Raff (1991), P iovono pietre (1993), Terra e libertà (1995), Bread and roses (2000), Il vento che accarezza l’erba (2006), La parte degli angeli (2012) e Io, Daniel Blake. Chi scrive avrebbe aggiunto anche Sorry we missed you (2019), sulla spietata velocità cui sono costretti i corrieri postali e In questo mondo libero… (2007), sulle giovani generazioni dei Paesi economicamente svantaggiati, costretti a trasferirsi in Paesi ricchi, decapitando di fatto la propria terra delle teste pensanti del futuro.
L’Ulivo è un simbolo di pace, in questo momento piuttosto precaria… «Abbiamo un enorme problema di pace. Le atrocità che vengono commesse contro il popolo palestinese sono al di là di qualsiasi cosa vista in passato. Non parlo solo del numero dei morti, ma della volontà di infliggere dolore, sofferenza e crudeltà a degli esseri umani, sotto gli occhi di tutti. Il popolo palestinese viene considerato inferiore e “disumanizzato”. Poi c’è il capitolo della guerra in Ucraina, che è un’atrocità in sé, ma che comporta, come ricaduta, il mancato invio di grano da parte di Kiev in Africa e il conseguente scoppio di nuove carestie. I cosiddetti predicatori dei diritti umani non hanno mosso un dito. L’Onu è impotente. La verità è che siamo rimasti divisi nei due blocchi, ora estesi, della Guerra Fredda: l’Occidente, guidato dall’America e dalle vecchie potenze imperialiste, come la Gran Bretagna, e l’Oriente, capitanato da Russia e Cina. Alla fine della Seconda guerra mondiale avevamo giurato che non sarebbe mai più successo».
Ken Loach è un ragazzo del 1936 e sa cosa è la guerra. «Avevo tre anni quando è iniziato il Secondo conflitto mondiale e nove quando è finito e vivevo nelle Midlands industriali. Ricordo che tutti i ragazzi della mia età facevano collezione di schegge di bombe trovate per strada, che ci scambiavamo nei rifugi in attesa che i bombardamenti finissero».
Nel parlarne un sorriso gli affiora sulle labbra, come quando si pesca nei ricordi di infanzia.
«Ho ancora in mente la voce di un uomo che ci annunciava che una cattedrale nella vicina città di Coventry era stata polverizzata. E poi infinite tazze di tè bevute nel rifugio nel cuore della notte. Vivevamo in una zona industriale ritenuta pericolosa perché produceva armi e i tedeschi la bombardavano. Così ci trasferimmo a sud-ovest, dove mia madre pensava saremmo stati al sicuro, ma una bomba è caduta proprio nella strada in cui abitavamo. Ricordo i vetri della casa andati in pezzi. Ci siamo dovuti nuovamente trasferire da un altro parente. Ma poi è arrivata la pace e la rinascita, che ho raccontato in The Spirit of ’45». Un documentario notevolissimo, costruito con materiali d’archivio in cui Loach spiega l’etica del servizio pubblico e del welfare costruita dai laburisti. Il regista, nato e cresciuto in una famiglia proletaria di minatori, proprio grazie a quell’ascensore sociale ha potuto laurearsi in giurisprudenza al St Peter’s College di Oxford. «I valori su cui si poggiava il partito laburista di allora sono molto diversi da quelli del partito di Starmer di oggi, che sono quelli di una destra laburista. Io penso che l’Occidente abbia una grossa responsabilità nel permettere alla classe dominante di perseguire ferocemente il proprio profitto, distruggendo il pianeta. Questo fenomeno ha un nome: si chiama capitalismo. Oggi dobbiamo raggiungere due obiettivi: conservare il pianeta e lottare contro le guerre. Siamo ormai una rete globale che deve industriarsi per una ricetta economica per rendere possibile sostenibilità e pace».
Ma si è affacciata alla politica anche la classe dei nuovi oligarchi della Silicon Valley, come Elon Musk, che il presidente in pectore americano Donald Trump ha nominato responsabile del nuovo dipartimento per l’efficienza governativa. «È l’incarnazione della nuova classe dominante, che trae profitto dallo sfruttamento da parte di poche persone della nuova tecnologia.
Il fatto che questa tecnologia sia stata scoperta nelle università e che sia qualcosa per cui tutti paghiamo, invece, non si ricorda mai. Penso che rivendicare la proprietà collettiva della conoscenza sia fondamentale». Un’altra allerta viene dal mondo giovanile. Uno dei primi film di Loach, Kes, del 1969 esplorava il disagio sociale e psicologico giovanile. «Questo è un problema enorme. Sono soprattutto i bambini a soffrire. Ma torniamo sempre allo stesso punto: le persone più fragili, e sono molte, si sentono alienate dalla società. Si sono ormai convinte che non ci sia più posto per loro per poter vivere in sicurezza con un reddito dignitoso. I bambini che crescono in questi contesti, non possono che guardare al futuro con disperazione. I bambini vogliono solamente essere inclusi. Basta andare in un asilo, vogliono partecipare. Ma se vedono i genitori lottare per sopravvivere, se vedono in seno alla propria famiglia ingiustizia, disuguaglianza, e, fuori, una ricchezza grossolana non possono che sentirsi rifiutati. E quando crescono è più facile che cedano alla droga. Abbiamo bisogno di un sistema economico in cui tutti partecipino, tutti condividano lo stesso punto di partenza. Alle Olimpiadi non c’è nessuno che parte a metà pista. Tutti dovrebbero avere le stesse possibilità, condividere i risultati, tutti dovrebbero essere al sicuro e sapere, che se si ammalano, verranno curati. Nessuno dovrebbe vivere sulla strada. Ma abbiamo politici che lanciano il messaggio contrario: ti fanno sentire responsabile della tua malattia e della tua povertà, della tua disoccupazione, ti biasimano perché non hai una casa. E ti sanzionano. In Inghilterra c’è un enorme aumento del ricorso alle mense di carità. Il problema è il sistema capitalistico. Se restiamo uniti nulla può fermarci perché gli sfruttatori hanno bisogno di noi. Ma l’organizzazione deve essere internazionale ed esprimere una nuova e forte leadership. Pochi mesi fa ero a un piccolo festival di cinema e davanti a un bicchiere di vino rosso abbiamo cominciato a cantare l’Internazionale, ci siamo alzati con il pugno sinistro teso e poi, guardandomi attorno ho pensato con sconforto : “Oh, mio dio, abbiamo tutti quasi 80 anni”». Esponente storico della cosiddetta hard left del Partito Laburista, Loach nel 2021 è stato espulso dal partito di Starmer, per essere rimasto fedele alla linea di Jeremy Corbyn. «Spero che i giovani si uniscano a noi, perché
avevamo grandi ideali, tuttora validi. Se reagiamo possiamo ancora vincere la disuguaglianza».