Roberta Torre
adriana marmiroli
«Una divisione tra film e documentari mi pare anacronistica. Il documentario, infatti, sta andando in una direzione sempre più ibrida tra narrazione del reale e finzione. Ed è proprio questo che lo rende ai miei occhi la forma di cinema più nobile ed avanzata». Fatta questa premessa, Roberta Torre si dichiara ben lieta che il Torino Film Festival le abbia chiesto di presiedere la giuria della sezione Documentari: è lì che secondo lei si annida il cinema più innovativo, sperimentale, di domani. In concorso l’aspettano 16 opere da tutto il mondo che affrontano i temi più disparati. O almeno è quello che spera. «Non penso di riuscire a vedere altri film. Spero solo di poter dedicare qualche ritaglio di tempo alla città, che amo molto e ogni volta si presenta diversa e rinnovata ».
Si è già fatta un’idea di cosa vedrà?
«Arrivo a Torino con spirito vergine e pronto a tutto: ho letto i titoli e poco più. Li vedremo sul grande schermo, spesso con il pubblico: in questi casi la percezione cambia. La fruizione è fondamentale per cogliere appieno il senso di un’opera. Anche per i documentari la sala è il luogo prediletto. Nella migliore tradizione del TFF»
Si può dire che il documentario è presenza costante lungo tutta la sua carriera?
«È stata la mia porta di ingresso al cinema: Ermanno Olmi, che arriva da lì, è stato il mio maestro. Mi sono formata alla sua scuola. Tra i corti degli inizi ci sono parecchi documentari. L’ultimo, invece, l’ho girato due anni fa, Le favolose: appunto uno di quegli ibridi realtà/finzione di cui dicevo prima. Ha girato il mondo, dall’Europa agli Usa, ricevendo molti prestigiosi premi. E documentario è il mio prossimo progetto: primo ciak il 30 dicembre, a Milano, prodotto da Donatella Palermo».
Era la Cenerentola del cinema. È cambiata la percezione anche presso il pubblico?
«Proprio per via di questo crescente mescolamento dei linguaggi che ne fa un’eccellenza, io vedo molta più attenzione . Anche in Italia, tradizionalmente un po’ più restia ai cambiamenti, sta crescendo. Rai Cinema e Luce stanno poi contribuendo in modo importante a finanziare nuovi progetti».
Il documentario dà il meglio di sé nel raccontare il presente o ricostruire il passato?
«In Italia abbiamo un patrimonio d’epoca enorme cui attingere. In particolare il Luce ha archivi che sono miniere di materiali, un repertorio straordinario per la realizzazione di una memoria storica condivisa. Ho sempre pensato che il passato vada raccontato, ricordato, filtrandolo con uno sguardo presente. Diventa così linguaggio necessario e potente, il più potente forse. Quanto al documentario del presente, be’, l’iperconnessione contemporanea così pervasiva, il moltiplicarsi delle immagini che ciascuno di noi realizza, l’hanno molto cambiato rispetto anche solo a 20 anni fa. E molto cambierà ancora se solo pensiamo al diffondersi dell’A.I.».
Anagraficamente lei appartiene alla generazione dei cineasti cresciuti con il Torino Giovani. Che ricordi ha?
«Io che arrivo con il treno e le pizze del mio film sotto il braccio. Era il mio saggio d’esame alla Civica Scuola di Cinema: Cronica, un film di fantascienza di 18 minuti in 35 mm (come eravamo ricchi e fortunati!). Era il 1989, direzione Alberto Barbera, e il film venne selezionato da Steve Della Casa. Per dire che la mia storia inizia al TFF. Poi sono tornata nel 1992 con Zia Enza è in partenza, super8 e video, girato tra le rovine di Gibellina dopo il terremoto del Belice in cui come un fantasma si muove l’attrice Enza Rappa: ancora una volta, quando si dice le contaminazioni… L’ultima volta è stata nel 2017, quando è stato selezionato Riccardo va all’Inferno. Però il mio rapporto con Torino non si limita al solo festival: Le favolose è stato in parte prodotto dalla locale Film Commission, mentre sono stata a lungo qui per girare la serie Rai Extravergine»
Oltre al documentario , su cosa sta lavorando?
«Tra 2025 e inizio 2026 ho in previsione un film e uno spettacolo teatrale che ruota intorno al personaggio di Riccardo III. Inoltre, finalmente, dopo tanti anni in stand by, ho iniziato lavorare al film su mio nonno, geniale inventore di motori d’aereo, Lambrette e rose blu. Sarà ancora una volta un ibrido: tra live action e animazione».