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15 Luglio 2022Il museo di Perugia riparte con un importante riallestimento Tra le novità, una sezione dedicataal contemporaneoPierini: «Abbiamoriaperto finestreche permettono una vista sulla città» riaperta la galleria nazionale dell’umbria.
di Alessandra Quattordio
Colli a perdita d’occhio al di là di porte e mura possenti: la lucumonia etrusca qui fu vasta e agguerrita, e Perugia ne fu centro di potere. Ma il capoluogo umbro, svettante «a mano aperta», così scrisse l’Alberti, vanta anche altri primati, come testimoniano i capolavori d’arte della Galleria Nazionale dell’Umbria a Palazzo dei Priori di Perugia, riallestita dal direttore Marco Pierini con il pieno avvallo del sindaco Andrea Romizi. In terra umbra, dal ‘200 al ‘400 numerosi furono gli innesti d’arte che giunsero da Siena e Firenze come anche dalle Marche e da Venezia, alimentando un tessuto di per sé assai fertile. «Sempre i perugini, quando non avevano a disposizione artisti locali, non esitarono a cercare il meglio altrove: esaurito il ruolo dei senesi – l’ultimo lavoro tardogotico di un senese a Perugia è quello di Domenico di Bartolo (1438) –, eccoli chiamare i talenti fiorentini: Beato Angelico, Benozzo Gozzoli, Piero della Francesca», sottolinea Pierini.
Non a caso, in una delle rinnovate sale dialogano i fondi oro di Angelico e Gozzoli, maestro e allievo: il Polittico Guidalotti (1447-1449), da San Domenico, e la Tavola della Sapienza Nuova (1456), ordinata dal Collegio di San Gerolamo, mentre, per quanto riguarda Siena, in altre stanze spiccano la Madonna col Bambino di Duccio di Buoninsegna e il Polittico di San Francesco al Prato di Taddeo di Bartolo, commissionato per l’omonima chiesa, secoli fa gremita di capolavori nelle cappelle di nobili possidenti, mercanti, funzionari pontifici – Baglioni, Ranieri, Guidalotti, Oddi –, finché le demaniazioni post-unitarie non li rimisero al Comune, e allo Stato. Pierini evidenzia le modalità espositive applicate a tale polittico come ad altri dipinti: «L’inventiva della società Arguzia ci ha permesso di introdurre basi con rotelle invisibili che sostengono le tavole a giusta altezza e consentono di scostarle dalla parete godendo di quanto dipinto – o “raccontato” – anche sul retro: novità assoluta». Ma l’allestimento, firmato dagli architetti Daria Ripa di Meana e Bruno Salvatici, offre altre sorprese: «Abbiamo riaperto finestre, finora occultate, che permettono di guardare alla città così legata alla pittura che vi fiorì, e riorganizzato il percorso di visita, impedendo ai visitatori di tralasciare sale importanti. Inoltre, abbiamo adottato un criterio cronologico e stilistico, ponendo in secondo piano affinità iconografiche o tipologiche», aggiunge Pierini. Una scelta applicata al marchigiano Boccati, apprezzato al pari dei perugini Bonfigli e Caporali, per la prima volta «condensato» nella stessa sala. «Anche il Perugino, gioiello delle nostre collezioni – più di venti dipinti, dei quali otto in deposito, cui ora si è aggiunta una coppia di disegni –, oggi è raccolto in due sole sale. Il contributo del maestro, di cui celebreremo nel 2023 i 500 anni della morte, fu fondamentale: creò un linguaggio ‘unificante’ i cui influssi si riscontrano in Lombardia come in Calabria», conclude il direttore.
Le scelte
Il criterio è cronologico e stilistico: affinità icono-grafiche o tipologiche sono in secondo piano
Ma il patrimonio museale è ricco anche della Pala di Santa Maria dei Fossi del Pinturicchio – affiancata dal monitor di Magister Art che ne mette in luce i dettagli più nascosti –, della Pietà di Piero di Cosimo, o della copia della Deposizione Baglioni, di particolare valore perché dipinta dagli Alfani prima che l’opera di Raffaello fosse portata a Roma dal «rapace» cardinal Scipione Borghese. Seguono Orazio Gentileschi, Gian Lorenzo Bernini dalla collezione Martinelli – forte l’attenzione alle raccolte storiche –, o Pietro da Cortona. Inoltre, recenti acquisizioni, Giovambattista Naldini (Presentazione di Gesù al Tempio) e Giuseppe Maria Crespi (Madonna col Bambino e Santa Gertrude).
Infine, nell’ultima sala, la 39, il ‘900 umbro: Dottori, Burri, Dorazio, che annunciano l’apertura al contemporaneo della Galleria, confermata da interventi site-specific: le vetrate e l’altare di Vittorio Corsini, e il Ductus storico a grafite di Roberto Paci Dalò.