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7 Dicembre 2024Il Rapporto del Censis
Roma
Una società italiana turbata e in profondo cambiamento, con l’acuirsi della crisi del ceto medio e preoccupazioni crescenti per i flussi migratori: è questa la fotografia che il Censis scatta per il Rapporto 2024. Un Paese che non cresce, ma «galleggia»: gli Italiani sono infatti affetti da «sindrome da galleggiamento», con il ceto medio «sfibrato», redditi reali calati del 7% in 20 anni, ricchezza pro-capite scesa del 5,5% negli ultimi 10 anni e addirittura l’85,5% degli italiani che ritiene sia molto difficile risalire nella scala sociale. Alle difficoltà del ceto medio si sta accompagnando, secondo gli esperti Censis, la messa in discussione dei grandi valori unificanti del passato modello di sviluppo: democrazia e partecipazione, europeismo e atlantismo. Una sorta di «ritrarsi dalla vita pubblica, con un tasso di astensione che alle ultime elezioni europee del 2024 ha toccato un livello mai raggiunto prima nella storia repubblicana, pari al 51,7%, non dimenticando che alle prime elezioni dirette del Parlamento europeo, nel 1979, l’astensionismo si fermò al 14,3%».
Il capitolo migranti è altrettanto, se non di più, preoccupante: il 57,4% degli italiani «si sente minacciato – scrive e argomenta il Censis – da chi vuole radicare nel nostro Paese regole e abitudini contrastanti con lo stile di vita italiano consolidato, come ad esempio la separazione di uomini e donne negli spazi pubblici o il velo integrale islamico». Un 38,3% di italiani si sente minacciato anche da chi vuole facilitare l’ingresso nel Paese dei migranti; un 29,3% vede come un nemico chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale; il 29,3% degli italiani «vede come un nemico chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale».
Si tratta, a detta dei ricercatori Censis, di differenze che possono trasformarsi «in fratture e potrebbero degenerare in un aperto conflitto». «Sono dati si legge ancora nel Rapporto – che rivelano il pericolo che il corpo sociale finisca per frammentarsi dentro la spirale attivata dalla costruzione di rigidi confini identitari, in cui le differenze si trasformano in fratture e potrebbero degenerare in un aperto conflitto. Un solido ceto medio poteva neutralizzare le divergenze identitarie, stemperandole per mezzo di un’agenda sociale largamente condivisa. Il suo indebolimento rende oggi il Paese non più immune al rischio delle trappole identitarie».
Da sottolineare anche il capitolo istruzione, con la definizione impietosa di «fabbrica degli ignoranti», riferita alla mancanza di conoscenze di base che «rende i cittadini più disorientati e vulnerabili». In termini di apprendimento, il 24,5% degli alunni al termine del ciclo di scuola primaria non raggiungerebbe l’auspicato traguardo per la lingua italiana. E alla fine della scuola media e della superiore va anche peggio, con punte dell’80% al termine del diploma degli istituti professionali. Rimanendo sul pianeta scuola, nell’arco di 15 anni il numero di alunni con disabilità iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado è quasi raddoppiato, con un incremento ancora più sostenuto dei docenti di sostegno, che però per il 53,3% dei dirigenti scolastici in molti casi non hanno una preparazione adeguata.
Altro spaccato assai interessante è quello sul welfare: è diffusa la percezione che il livello di copertura del welfare pubblico si sia drasticamente ridotto nel tempo e ora il giudizio prevalente è che il sistema di tutele pubbliche si limiti alle prestazioni essenziali, mentre per il resto si paga direttamente di tasca propria (lo pensa il 50,4% degli italiani).
Il Rapporto Censis rileva anche la frattura sempre più ampia tra città e campagne, soprattutto sotto il profilo dei servizi, sia pubblici che privati: se in media in Italia le famiglie hanno difficoltà a raggiungere una farmacia (13,8%, pari a 3,6 milioni) o per accedere a un Pronto soccorso (50,8%, circa 13 milioni), nel caso dei comuni fino a 2mila abitanti le difficoltà salgono rispettivamente al 19,8 e al 68,6% dei nuclei familiari. Un passaggio, questo, che fa il paio con quello sullo spopolamento delle aree interne, dove oggi vivono 13,3 milioni di persone: in un decennio la riduzione è stata del 5,0%, più della media nazionale (-2,2%). Tra dieci anni, mentre la popolazione italiana complessiva subirà una riduzione dell’1,4%, le aree interne scenderanno del 3,8%.
Infine, per quanto riguarda l’informazione, si accentua la crisi dei quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottasi al 22,0% nel 2023 (-45,0% in quindici anni). Si è invece arrestata l’emorragia di lettori di libri: gli italiani che leggono sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto all’anno prima).