Una mossa a sorpresa, quella di UniCredit, che risponderebbe anzitutto a una logica opportunistica. Secondo fonti di mercato la banca di piazza Gae Aulenti già da qualche tempo avrebbe iniziato a prendere una piccola posizione sul Leone in conto proprio, lasciandosi aperte tutte le opzioni su come giocare le proprie carte.
Realistico che la costruzione di una quota più rotonda passi dall’utilizzo di derivati che avrebbero il merito anche di fornire una copertura della posizione. In settimana il titolo Generali ha superato quota 30 euro, toccando i massimi dal 2007, all’indomani dell’Ops annunciata da Mps su Mediobanca, che detiene il 13% del capitale del Leone. Una mossa, quella di Siena, che ha accentuato l’appeal speculativo di Generali, complice anche i contrasti nell’azionariato sul progetto di joint con Natixis e il prossimo rinnovo del consiglio di amministrazione all’assemblea dell’8 maggio. Sul titolo Generali, salito di oltre il 12% nell’ultimo mese, si sono gonfiati i volumi che a gennaio si sono attestati a un livello superiore del 30% alla media del 2024.
Il blitz di piazza Gae Aulenti sul Leone si colloca in un contesto in cui tutto è entrato in movimento. La banca guidata da Orcel in Italia resta pienamente focalizzata sull’Ops lanciata su BancoBpm, mentre in Germania è ancora aperto il fronte della tentata scalata a Commerzbank, al momento in stallo data l’attesa per il nuovo Esecutivo di Berlino. È vero che Orcel è un banchiere che è abituato a stupire il mercato con colpi di scena, ma è difficile immaginare oggi l’apertura di un nuovo fronte da parte della banca di Gae Aulenti.
L’operazione sulla ex Popolare di Milano – che a sua volta ha lanciato un’offerta su Anima – è coerente con le strategie di UniCredit che si trova anche ad affrontare un tema di “fabbrica prodotto”, dal momento che il rinnovo del contratto in scadenza con Amundi è nella fase di un difficile negoziato con il Crédit Agricole, a cui fa capo il colosso dell’asset management francese. La mossa su Generali, secondo osservatori finanziari, potrebbe anche prestarsi a cogliere opportunità alternative in tal senso.
Una posizione di quasi il 5% in Generali avrebbe peraltro un peso tutt’altro che irrilevante nella contesa per il rinnovo dei vertici del Leone. È del tutto probabile che, ragionevolmente tramontata l’ipotesi di riproporre una lista del consiglio, la disponibilità a un altro mandato da parte del ceo di Generali, Philippe Donnet, trovi riscontro in una lista di maggioranza, presentata come in passato dal primo azionista Mediobanca, a sostegno della strategia portata avanti da Donnet con il piano industriale appena approvato dal board e illustrato al mercato. Dall’altra parte ci sono gli altri due soci di peso di Generali, ovvero la Delfin della famiglia Del Vecchio (9,9%) e Caltagirone (6,7%), che da tempo contestano la gestione Donnet e negli ultimi tempi si sono schierati contro la decisione della compagnia di siglare un’alleanza nel mondo del risparmio gestito con i francesi di Natixis. Se per rinnovo del board si scontrassero due liste, a chi andrebbero i voti di UniCredit? In campo, per le minoranze di mercato, potrebbe esserci anche la lista di minoranza di Assogestioni.
La partita per Generali è legata a doppio filo con lo scontro che si sta consumando sull’asse Siena-Milano. Alle ultime quotazioni di Borsa l’offerta di scambio di Mps, carta contro carta, è ancora “fuori mercato”, presentando uno sconto implicito del 9,5% rispetto al prezzo al quale Mediobanca ha terminato la seduta venerdì, con un gap, in termini di capitalizzazione, di quasi 1,3 miliardi.
Mediobanca – dove Delfin ha più del 19% e Caltagirone più del 5% – è il primo azionista di Generali, con Delfin e Caltagirone che detengono la seconda e la terza maggior quota. Delfin (vicina al 10%) e Caltagirone (5%) sono anche azionisti di peso in Mps, dove il Mef con l’11,7% è ancora il primo socio. Delfin detiene inoltre un pacchetto del 2,7% di UniCredit e Caltagirone il 5% di Anima. Su Bpm UniCredit deve fare i conti con l’opposizione dell’ad Giuseppe Castagna, che persegue una strategia di crescita stand-alone, e l’irritazione del Mef che puntava sulla banca di piazza Meda per far nascere l’auspicato terzo polo tramite l’aggregazione con Siena.
Un groviglio insomma, dove una mossa tira l’altra, e non è detto che tutti i giocatori siano già usciti allo scoperto.