
Assalto alla legge toscana sul turismo. Raffica di osservazioni dal governo. Poteri ai Comuni e non solo. Le due settimane dell’esecutivo. La pioggia di contestazioni
21 Febbraio 2025
Tappa dell’Equiraduno a maggio
21 Febbraio 2025
siena
“Le sentenze non si commentano, si rispettano”. Siena ha fatto suo questo motto retorico da tempo, cercando di andare oltre. Quasi come se nulla fosse accaduto. In fondo, dal punto di vista penale, nessuno è colpevole per le vicissitudini di Mps e, a cascata, del tracollo della città.
Con l’assoluzione definitiva dell’ex presidente Alessandro Profumo e dell’ex ad Fabrizio Viola, si chiude un lungo capitolo giudiziario. Iniziato con Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, che avevano passato tre gradi di giudizio, venendo condannati in primo grado e poi assolti in quelli successivi. Imputati per presunte irregolarità nelle azioni di finanza strutturata, con al centro le operazioni Alexandria e Santorini. Strategia volta a ripianare l’ingente passivo creato dall’acquisizione di Antoveneta, ma che poi non si è rivelata in grado di arginare il tracollo. Nei loro confronti si ipotizzavano i reati di manipolazione del mercato, falso in bilancio e ostacolo all’autorità di vigilanza. Tra prescrizioni, non sussistenza dei fatti e inammissibilità dei bilanci, i giudici hanno fatto tabula rasa, assolvendo loro e gli altri imputati.
Il viatico per arrivare al presente, perché gli stessi principi sono valsi anche per Profumo e Viola. Coloro che hanno guidato la banca tra il 2012 e il 2015 (anche se l’ad era già in sella sul finire del 2011), ereditandone i vizi. Con una situazione economica compromessa, gli aumenti di capitale portano nelle casse di Montepaschi diversi miliardi, ma alla magistratura la contabilizzazione dei bilanci non torna. La lente di ingrandimento è ancora sugli accordi con Deutsche Bank e Nomura. Si va dal bilancio 2012 fino alla prima semestrale 2015. Per la Corte di Appello di Milano però “il fatto non sussiste”. Partita, gioco e incontro. L’ultimo atto in Cassazione è “una formalità”.
Al tempo stesso è una liberazione per chi era coinvolto. Forse lo sarà anche per la banca stessa, almeno nella sua versione attuale, che potrebbe alleggerire ancora gli accantonamenti per i rischi legali dopo queste sentenza.
Non può gioire invece Siena, che pur non esente da errori, più pregressi a tutte le manovre che in corso, ne esce per l’ultima volta con le ossa rotte.
Aldo Tani