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15 Marzo 2025«Lei sorride: al contrario le statue maschili che la circondano non devono farlo per essere accettate»
C’è una ragazza d’oro in Piazza Signoria, dà le spalle a Palazzo Vecchio mentre scrolla il suo telefonino. La statua, alta quattro metri, l’ha situata lì Thomas J Price, artista londinese, non nuovo a queste figure — una simile è lungo il The Line della sua città. Non è l’unico suo lavoro a Firenze. Altre opere sono a Palazzo Vecchio e al Museo Novecento. Un cortocircuito di contemporaneità tra i blasoni della nostra arte.
L’opera in Piazza, Time Unfolding, è site specific….
«Sì, è un’opera site specific, per cui ho lavorato sul bronzo, dunque sul materiale, quindi sulla patina, sul tipo di scala e sui dettagli. Per esempio sul tipo di sandali che porta e sulla sua posizione, che è al tempo stesso in contrapposizione e in linea con quanto la circonda».
Che cortocircuito vuole creare con le copie del David e di Giuditta e Oloferne e con le figure della Loggia dei Lanzi il cui significato è anche politico?
«Il mio lavoro ha sempre avuto l’idea di iniziare delle conversazioni, di far riflettere le persone sulle cose che danno per scontate. Il David è una figura iconica, accettata. Ed è anche il simbolo di alcuni valori. Il mio lavoro cerca di fare una critica rispetto agli atteggiamenti e ai valori che ci hanno insegnato e in funzione dei quali viviamo. Anche se non dico questo in maniera aperta quando le persone guardano questa scultura si dicono “ma chi è, perché è qui?” E forse così aprono un po’ di più il loro mondo».
La cosa che colpisce di Time Unfolding è che non ha piedistallo, ma i piedi per terra con addosso un paio di sandali.
«Il fatto che non ci sia una base è una scelta concettuale: un modo di parlare della mia idea di uguaglianza. La critica che porto ai monumenti è il fatto che li diamo per scontati, li vediamo da quando siamo piccoli, sono là ancora prima della nostra nascita. E questo aspetto del monumento invece io lo metto in confronto con qualcosa di diverso, con un’attitudine e degli ideali che hanno una gerarchia diversa o piuttosto che non hanno gerarchia. Voglio dare valore a quello che è normale, ordinario, perché in questo ci possiamo vedere noi stessi rappresentati. Io non sono una donna, però con quella scultura sento una familiarità e poi la scala consente anche di rivelare dei dettagli che ci fanno sentire vicini a quella persona che non è lì per conquistare e su un piedistallo».
Lei è una donna e nera come A Place Beyond (2023), la statua che ha messo in Sala dei Gigli davanti a Giuditta e Oloferne . È ancora necessario celebrare una donna nera come simbolo di valori ?
«Per me lei è una donna, punto. Certo è vero che le donne nere non hanno riconosciuto il credito che è loro dovuto da secoli. Ma finché non si vedrà in questa statua una donna e basta e la si vedrà come una donna nera, ci sarà bisogno di questo tipo di arte. Ed è importante che questo lavoro esista in uno spazio pubblico: alcuni si sentiranno connessi a lei altri saranno resistenti e questo spero stimoli la loro curiosità».
Nella Sala delle Udienze ha messo delle piccole teste di uomini aggressivi, accigliati e meno solari. Perché?
«È vero che chi guarda porta sempre qualcosa di suo. L’intepretazione delle espressioni è molto importante. La loro è più ambigua o eventualmente più vicina a qualcosa di neutro per me. Interessante che lei abbia visto aggressività perché questo è come vedono le persone gli uomini neri»
No, non gli uomini neri. Io mi riferivo agli uomini e basta. Ma andiamo avanti con l’idea di ambiguità…
«Questo aspetto dell’ambiguità è importante per tirar fuori le nostre sensazioni. E poi il fatto che sono seri e non sorridono non è un caso: tutti gli uomini potenti che vediamo in questo edificio o nei musei di Londra non sorridono. Si dava per scontato che avessero un intelligenza tale che non dovessero sorridere per ricevere reazioni positive. Anche io, se decidessi di non sorridere, sarei percepito come aggressivo».
Mi parli delle opere del Museo Novecento…
«Ho portato un giovane uomo A Kind of Confidence (2023) è il titolo: è un giovane uomo che indossa un abito. Quello che ci vedo nell’ambiguità della sua espressione mi fa anche molta tenerezza, mi dà voglia di prendermi cura di lui pensando anche al suo futuro, perché è giovane. Ed è molto interessante in questa città dove ci sono opere che esprimono così tanto il concetto di potere e che hanno anche questo impatto forte e drammatico, avere messo un’opera più tranquilla, pensierosa, più sensibile e che ci renda più sensibili».
Quanti anni ha e perché la scultura?
«Ho 43 anni. Ho scelto la scultura perché secondo me ci rende più consapevoli del nostro posto nel mondo».
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