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Siena ha sempre conosciuto tensioni, rivalità, anche violenza. Ma in passato sapeva incanalarle. Esistevano regole, spazi, linguaggi comuni che davano un senso a quei conflitti.
Oggi questi strumenti si sono indeboliti. Qualcosa si è perso, forse anche rotto. E merita attenzione.
Negli ultimi giorni si sono verificati episodi gravi: risse, coltelli, ragazzi feriti. Non è solo cronaca nera. È un segnale. E i segnali vanno letti, non solo repressi.
Il Cardinale Lojudice invita a non generalizzare: ha ragione. “Non tutti i giovani sono così”, dice. Giusto. Ma poi aggiunge: “Servono più forze dell’ordine”. Qui nasce un dubbio.
Perché la sicurezza non si costruisce solo con il controllo. Si costruisce con la presenza, con adulti affidabili, con luoghi vissuti. Quando Gesù incontrò una folla smarrita, non chiamò le guardie. Provò compassione. Perché la violenza nasce spesso dove c’è un vuoto.
Stalin, con cinismo, una volta chiese: “Quante divisioni ha il Papa?” Nessuna, ovviamente. Ma è proprio questa l’anomalia — e la forza — della Chiesa: non il potere, ma la presenza. Non le divise, ma la speranza. Se mancano proprio dove i ragazzi si perdono, allora c’è un problema.
“Dobbiamo svegliarci”, dice ancora il Cardinale. È vero. Ma non bastano gli appelli. Servono ascolto, fiducia, responsabilità. E spazi dove i giovani possano stare, crescere, contare.
Siena ha bisogno di questo. Non solo di controllo, ma di cura. Non solo di ordine, ma di relazioni.
(P.P.)