Gli Stati Uniti si sono rifiutati di firmare una dichiarazione del G7 di condanna per il bombardamento di Sumy, in Ucraina, dove domenica scorsa 35 persone sono rimaste uccise da due missili russi, scrive l’agenzia Bloomberg. I funzionari americani avrebbero citato la necessità di mantenere un dialogo aperto con la Russia come motivazione per il loro rifiuto di firmare il documento.

Ma il Cremlino non si fa smuovere da questi segnali di distensione. Secondo il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, al momento non si vedono «chiari contorni» di una possibile intesa Usa-Russia sull’Ucraina. Toni simili dal ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che in un’intervista dice che «è difficile trovare un’intesa con gli Stati Uniti».

Parole che sembrano una smentita collettiva dell’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witkoff, che aveva definito i due Paesi «sull’orlo di fare qualcosa di molto, molto significativo per il mondo intero». L’emissario del tycoon, che venerdì ha incontrato Putin per la terza volta, dice che la questione della pace ruota attorno ai «cinque territori» e alla volontà della Russia di ottenere una «pace permanente», frasi che indicherebbero la disponibilità di Putin a fermare gli attacchi se gli verrà riconosciuta l’annessione delle cinque regioni ucraine che le truppe russe occupano parzialmente.

Stando a quanto scrive Reuters, Witkoff avrebbe comunicato a Trump che il modo più rapido per ottenere la pace è proprio consentire al Cremlino di annettere formalmente le regioni occupate. Zelensky ha risposto a stretto giro, ricordando che l’Ucraina si rifiuta di riconoscere qualsiasi annessione: «Queste sono le nostre linee rosse: riconoscere qualsiasi territorio temporaneamente occupato come russo»

Dalla Casa Bianca è intanto arrivato un altro attacco del vicepresidente J.D. Vance a Zelensky: «Penso sia piuttosto assurdo che Zelensky dica al governo Usa che in qualche modo siamo dalla parte dei russi». Una risposta alle parole del presidente ucraino che, in un’intervista all’emittente americana Cbs, aveva nuovamente accusato l’amministrazione Trump, e Vance in particolare, di credere alla propaganda russa.

Kallas nel mirino

«Rimuovete e processate Kaja Kallas». Così il presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin, ha risposto all’Alta rappresentante dell’Ue, che aveva avvertito i Paesi membri dell’Unione europea di non accettare l’invito di Putin a partecipare alla parata per gli 80 anni dalla vittoria nella Seconda guerra mondiale, il prossimo 9 maggio.

Secondo Volodin, personaggio noto per le sue dichiarazioni bellicose (poco tempo fa aveva minacciato di spedire nei gulag i russi che vivono all’estero se dovessero tornare nel Paese), Kallas è colpevole di «russofobia» e dovrebbe essere giudicata «dal tribunale delle Nazioni Unite».

Più sobrio il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, che ha parlato di «dichiarazioni non corrette» da parte di Kallas e ha sottolineato che in Europa ci sono «stati che non accettano questo tipo di retorica», un riferimento a Slovacchia e Ungheria, i cui capi di governo hanno annunciato la loro partecipazione alla parata del 9 maggio.

Attacchi duri, che però – mettendola al centro del mirino di Mosca – finiscono per rafforzare Kallas, una leader sempre più criticata anche dai suoi stessi alleati. Reduce dalla sconfitta sull’aumento dei fondi all’Ucraina — un piano a cui lavorava il suo predecessore e che lei ha prima accantonato e poi fatto ricomparire all’improvviso, incontrando l’opposizione di Italia, Spagna e Portogallo — Kallas è sotto tiro anche per via dei suoi toni considerati spesso poco diplomatici, che irritano Berlino ma l’hanno resa l’idolo dei sostenitori dell’Ucraina sui social.

L’Alta rappresentante Ue si è scontrata anche con l’amministrazione Trump — cosa non difficilissima in questo periodo — e quando si è recata in visita ufficiale a Washington il segretario di Stato Marco Rubio ha cancellato l’appuntamento e Kallas non è riuscita a incontrare nessun funzionario americano.

Critiche da Washington, ma solidarietà dalla Nato. Zelensky ha incontrato a sorpresa il segretario dell’Alleanza, Mark Rutte, a Odessa, sul Mar Nero. «Il sostegno della Nato è incrollabile», ha detto Rutte, che ha poi ammesso che i colloqui condotti dagli Usa per arrivare alla pace «non sono facili», ma ha aggiunto di «sostenere» Trump nei suoi sforzi.

Dal canto suo, Zelensky ha evitato l’argomento Trump e si è concentrato sull’impegno degli alleati europei. Ha detto che c’è bisogno di «agire in fretta» a proposito del contingente militare a guida Francia e Regno Unito che la “coalizione dei volenterosi” vorrebbe inviare in Ucraina dopo il cessate il fuoco, e ha annunciato che presto si terrà un vertice sulla sicurezza nel Mar Nero, che coinvolgerà anche la Turchia.

Governatore licenziato

Mentre Zelensky è in visita a Odessa, da Kiev arriva la notizia della rimozione di Volodymyr Artyukh, governatore civile-militare della regione di Sumy. Poco prima, Artyukh aveva confermato alla radio ucraina che nella sede dell’università di Sumy colpita dai missili russi domenica si stava effettivamente tenendo una cerimonia militare, ma ha dichiarato di non essere stato lui a convocarla. I militari che partecipavano alla cerimonia — una consegna di medaglie ai membri di un’unità della difesa territoriale — si sarebbero salvati poiché al momento dell’impatto si trovavano nel rifugio antiaereo.

A proposito di Sumy, lo stato maggiore delle forze armate ucraine ha annunciato di aver colpito la base dell’unità russa responsabile del bombardamento. L’unità sarebbe stata colpita nella regione di Kursk, circa un centinaio di chilometri da Sumy. Il governatore russo di Kursk ha confermato che nella notte tra lunedì e martedì la città è stata presa di mira da un centinaio di droni ucraini. Una donna anziana sarebbe morta nell’attacco e altre nove persone sarebbero rimaste ferite.