Il Monte dei Paschi prende la rincorsa per la scalata a Mediobanca. Il via libera a un’operazione che punta a innescare un clamoroso ribaltone della finanza nazionale, un ribaltone che potrebbe arrivare fino alle Assicurazioni Generali, la preda più ambita, è arrivato a larga maggioranza dagli azionisti riuniti ieri in assemblea.
I voti favorevoli hanno superato l’86 per cento del capitale presente, ed è stato così approvato l’aumento di capitale per un valore massimo di 13,2 miliardi che serve a finanziare l’offerta pubblica di scambio (ops) annunciata a sorpresa lo scorso 24 gennaio dall’amministratore delegato di Mps, Luigi Lovaglio. È un’offerta carta contro carta, nel senso che Mps offre 23 titoli ogni 10 della banca d’affari.
L’ok dei grandi fondi
A conti fatti, l’ops ha raccolto i consensi anche di molti investitori istituzionali, a cominciare dai fondi d’investimento internazionali, il cui sostegno era da principio tutt’altro che scontato. I voti dei fondi si sono aggiunti a quelli dei soci forti, guidati dal governo, grande sponsor dell’attacco a Mediobanca. È così stata raggiunta e superata la soglia dei due terzi, in termini di voti assembleari, necessaria per varare l’aumento.
A favore si è quindi schierato il ministero dell’Economia, forte di una quota dell’11,73 per cento. Sulla stessa linea anche i due grandi soci privati. E cioè la famiglia Del Vecchio con il 9,7 per cento e Francesco Gaetano Caltagirone, che, a quanto si è appreso in assemblea, negli ultimi mesi ha puntato sul Monte un’altra fiche da almeno 400 milioni, portando la sua quota dal 5,02 al 9,96 per cento.
L’attacco a Mediobanca potrà contare anche sul sostegno del Banco Bpm, che al proprio pacchetto del 5 per cento circa può aggiungere anche un altro 4 per cento in portafoglio ad Anima, la società di gestione del risparmio di cui lo stesso Banco Bpm si è appena assicurato il controllo con un’opa. L’ampio consenso raccolto tra gli azionisti conferma che anche casse pensionistiche come Enpam (medici), Enasarco (agenti di commercio) e Inarcassa (avvocati), tutti enti vigilati dal ministero dell’Economia, si sono schierate a favore dell’ops. Secondo indiscrezioni, le casse in questione potrebbero aver garantito fino al 6-7 per cento dei voti, grazie anche alle azioni Mps rastrellate negli ultimi mesi.
Obiettivo Trieste
In risposta alle domande degli azionisti, Lovaglio ha difeso un’operazione che ha più volte definito accrescitiva, nel senso che punta a creare valore integrando aziende «tra loro diverse ma complementari», ha detto il manager che tre anni fa è stato scelto dal Tesoro (governo di Mario Draghi) per tentare il salvataggio dell’istituto senese reduce dal decennio più travagliato della sua lunga storia.
Il numero uno di Mps ha anche negato che l’ops sia stata preparata e concordata con il governo già mesi prima dell’annuncio ufficiale. È un fatto, però, che la scalata a Mediobanca si inserisce in una più ampia partita di potere che mira a ridisegnare gli assetti dell’alta finanza nazionale, fino a Generali, di cui Mediobanca è l’azionista principale con una quota del 13,1 per cento. Il prossimo 24 aprile è in programma l’assemblea della compagnia triestina che metterà ai voti la lista di candidati al consiglio d’amministrazione presentata da Caltagirone. Se questa dovesse prevalere, Generali avrebbe un cda di fatto ingovernabile formato da sei consiglieri proposti da Mediobanca e altrettanti dall’imprenditore romano.
L’opa di Mps potrebbe partire già in giugno per concludersi il mese successivo. A quel punto, se l’operazione avesse successo, la banca senese si troverebbe a comandare in casa Generali, grazie alle azioni di Trieste in portafoglio a Mediobanca. Di fatto quindi a decidere il futuro della compagnia sarebbe il governo insieme agli altri due grandi soci del Monte, cioè Caltagirone e i Del Vecchio.
Tempi duri in arrivo
Nel frattempo, a Siena si preparano al grande assalto, un’operazione che solo un anno fa sarebbe stata considerata fantascienza dagli analisti. Il sostegno dello Stato, l’aumento dei tassi d’interesse e la ristrutturazione gestita da Lovaglio hanno cambiato le carte in tavola.
«Molti analisti da principio erano critici, ma col tempo hanno capito le buone ragioni di un’integrazione di business tra una banca commerciale come Mps e Mediobanca, forte nella gestione di patrimoni e nell’attività di investimento», ha ricordato Lovaglio. Se l’acquisizione andasse in porto, il nuovo polo diventerebbe il terzo operatore bancario in Italia in termini di attivo di bilancio, alle spalle di Intesa e Unicredit.
«Siamo tra le banche più capitalizzate d’Europa», ha ripetuto Lovaglio in risposta a chi dubita che un istituto salvato dall’intervento dello Stato abbia la forza di reggere a un passo impegnativo come l’acquisizione di Mediobanca. Un’operazione «unica e non convenzionale per essere protagonisti del consolidamento del sistema», ha detto Lovaglio, che non ha nascosto le nubi all’orizzonte con l’ulteriore rallentamento della crescita economica innescato dalla guerra dei dazi. Come dire che per le banche, tutte le banche, potrebbero arrivare tempi duri. A Siena contano di cavarsela con il paracadute targato Mediobanca.