Il Tesoro frena sugli armamenti
luca monticelli
Giancarlo Giorgetti intravede segnali positivi per l’Italia. Una fiducia che però non trova riscontro nel Documento di finanza pubblica presentato dal governo, né nelle analisi delle varie istituzioni economiche come l’Istat e la Banca d’Italia che invece temono contraccolpi dalle politiche commerciali degli Stati Uniti. L’Ufficio parlamentare di bilancio calcola un impatto dei dazi su tutti i settori con un effetto sul mercato del lavoro pari a 68 mila occupati in meno. Per Confindustria «Transizione 5.0 non funziona, il costo del credito è ancora alto, gli investimenti sono fermi e l’incertezza ai massimi». La Corte dei Conti lamenta le indicazioni limitate del Mef sulla spesa e il Pnrr, tanto da rendere «difficile la valutazione del quadro complessivo».
Eppure il titolare del Tesoro, che in serata battibecca con Crosetto sulle spese militari, è ottimista e ritiene che le stime di crescita per il 2025 – già dimezzate dall’1,2% allo 0,6% e con il rischio di scendere allo 0,3% a causa della crisi dei dazi – alla fine saranno migliori del previsto. Giorgetti lo dice chiaramente ai parlamentari durante l’audizione sul Dfp: «Sembra prospettarsi uno scenario meno avverso di quello messo in conto nelle previsioni ufficiali, più favorevole sia in termini di esito finale dei dazi a livello internazionale, sia di variabili esogene quali i prezzi dell’energia e i tassi d’interesse che condizionano la crescita». Il ministro dell’Economia è convinto che il quadro macro non sia soggetto solo a rischi al ribasso, ma «anche a rischi positivi». Lui scommette sul suo omologo americano Scott Bessent, che incontrerà a Washington tra qualche giorno: «Al suo primo intervento al G7 ha lasciato intendere che sui dazi ci metteremo d’accordo».
L’ottimismo di Giorgetti è alimentato dall’atteggiamento delle agenzie di rating che hanno migliorato il giudizio sull’Italia, e dalla richiesta dei Btp che godono di una domanda «da fare invidia» ai Treasury americani. Però «prudenza» resta la parola d’ordine, soprattutto alla luce di un debito pubblico in risalita e che tornerà a scendere di soli due decimali nel 2027, sempre che tutto vada bene. L’obiettivo è «ridurlo», ribadisce Bankitalia. E quindi non resta che blindare i conti con buona pace della maggioranza e delle promesse elettorali: una finanza pubblica in ordine «rappresenta una solida base a fronte dell’incertezza», evidenzia Giorgetti che ammette: «Facendo un esempio calcistico, credo che la prima cosa che si deve fare sia non prendere goal. Io ho un debito da gestire che grava per circa 90 miliardi di interessi, divora ogni tipo di spesa, anche la più nobile come quella per la sanità e la scuola». Per il momento, niente scostamento di bilancio né per la difesa né per i dazi: «Prima di prevedere spese supplementari voglio sapere dove vanno a finire e per quale motivo le devo fare», insiste il ministro. Stesso discorso per la deroga al patto di stabilità per comprare armi: «In questo momento il governo italiano non la utilizzerà. Noi riteniamo che sia corretto e giusto aspettare il vertice Nato di giugno 2025 per vedere l’orientamento generale». Peraltro, e questo lo rileva l’Upb, l’utilizzo della clausola per la difesa ritarderebbe l’uscita dalla procedura per deficit eccessivo.
Lo stop al potenziamento degli armamenti non fa piacere a tutti nell’esecutivo: «Crosetto mi ha mandato la lista della spesa l’altro ieri, non ho avuto il coraggio di guardarla, temo che sia lunga. Per gli Stati Maggiori è il loro momento, è come il Natale», ironizza il responsabile del Tesoro. A stretto giro arriva la risposta piccata di Crosetto: «Purtroppo non è Natale, non c’è nulla da festeggiare, non ci sono liste della spesa ma viviamo tempi drammatici». Il ministro della Difesa dice di non avere il senso dell’umorismo del collega perché pensa agli scenari che potrebbero essere costretti ad affrontare i soldati: «Loro sanno meglio di tutti che non si parla di giocattoli per divertirsi – sottolinea Crosetto – ma di armi con cui proteggere la loro nazione».