
Cara Siena, stavolta non ti scriviamo per affetto
19 Aprile 2025INTRODUZIONE
Questo dialogo nasce dalla trasformazione di una serie di commenti arrivati in forma anonima in risposta ai nostri articoli. Abbiamo scelto di raccoglierli e dar loro voce sotto forma di una conversazione tra due giovani senesi – Niccolò e Leonardo – per raccontare con più immediatezza e sincerità un disagio profondo che attraversa la nostra città. I nomi sono di fantasia, ma le sensazioni espresse sono autentiche: rabbia, disorientamento, paura, esclusione. Sentimenti che tanti vivono ma raramente riescono a condividere. Lo pubblichiamo perché crediamo sia importante ascoltare anche ciò che resta sotto traccia, nei non detti, nei silenzi delle notti senesi.
DIALOGO
Niccolò:
Oh Leo, ieri sera sono uscito in centro dopo tipo tre mesi… e ti giuro, non l’ho riconosciuta, Siena. Di notte è un’altra città.
Leonardo:
Davvero? Che è successo?
Niccolò:
Una tensione strana, pesante. Soprattutto tra i ragazzi. Sembra ci sia una rabbia repressa dappertutto. Secondo me ha a che fare con il fatto che viviamo in una città sempre più cara, ma con sempre meno prospettive. Il lavoro è quello che è, e anche chi studia non sa bene cosa fare dopo. È come se fossimo fermi, compressi.
Leonardo:
Sì, e ti capisco. Anche io in questi mesi lo sto sentendo forte… C’è un malessere che si taglia con il coltello. Ma ieri che hai visto?
Niccolò:
Verso mezzanotte sono uscito dal Bargello, faccio due passi giù per la Costarella e trovo polizia, ambulanza, gente ovunque. Un tizio per terra, sembrava più grande degli altri, perdeva sangue. Dicevano che era caduto mentre scappava, completamente ubriaco. Nessuno sapeva da chi stesse scappando.
Leonardo:
Porca miseria…
Niccolò:
E non è finita lì. Un’ora dopo scoppia una rissa tra alcuni ragazzi senesi e un gruppo di “maranzini” – sì, li chiamano così adesso. Scene assurde: ragazzi che rincorrevano due tunisini e pare anche qualche napoletano, mentre cantavano “la Verbena”. Roba mai vista.
Leonardo:
La Verbena? Ma siamo impazziti?
Niccolò:
Sembra di sì. Poi è arrivata la polizia, ne hanno preso almeno uno. Ma il clima era sempre teso, anche più tardi in piazza della Posta. Il punto è che si sente proprio l’odio che monta. E, te lo dico con amarezza… si sta diffondendo un razzismo strisciante. Sempre più gente dice, apertamente, che “quelli di fuori” non li vogliono.
Leonardo:
E noi che siamo cresciuti in una città che si è sempre vantata della sua accoglienza… boh.
Niccolò:
Appena ho rivisto alcuni vecchi amici la prima cosa che mi hanno detto è stata: “Questi di fuori non ce li vogliamo più in città”. Mi sembrano tutti impazziti. Come se fossimo sotto assedio. Ma da chi?
Leonardo:
Sai cos’è? È che Siena si sta svuotando di senso. Prima era cara, ma c’era qualcosa che ti faceva sentire parte di una comunità. Ora è cara e basta. Trovare casa è un’impresa. Vivere qui costa quanto in città grandi, ma senza le opportunità. E chi rimane si chiude a riccio.
Niccolò:
Sì, lo vedo. Nei locali più “senesi” senti il risentimento. È come se non avessero mai digerito la perdita di prestigio della città. E allora cercano un colpevole fuori, invece di guardarsi dentro.
Leonardo:
E invece chi viene dai paesi vicini… si prende una rivincita. Tipo: “Avete sempre snobbato noi della provincia, ora tocca a voi farvi da parte”. Ma anche quello è un gioco a perdere.
Niccolò:
Infatti. L’unica cosa che ho detto ieri a certi ragazzi è che si stanno facendo del male da soli. Che gli uni senza gli altri non contano niente.
Leonardo:
E gli immigrati?
Niccolò:
Anche lì… spesso si schierano in automatico contro i senesi, ma lo fanno usando i codici sbagliati. Quelli duri, da branco. Quelli che magari hanno visto altrove, in contesti più complicati.
Leonardo:
È tutto così incasinato…
Niccolò:
La cosa che mi ha fatto più effetto è sentire uno dire: “Che stiano alla Fortezza a fare casino, qui in Campo non ce li vogliamo”. Come se la Fortezza fosse un ghetto. Ma la Fortezza è casa nostra, è la città pure quella.
Leonardo:
Lo sai cosa penso? Che se non si cambia prospettiva, tra sei mesi sarà pure peggio.
Niccolò:
Io stasera non esco. Ma scommetto che succederà di nuovo qualcosa.