Il pericolo oggi non è il fascismo del Novecento. Ma è il regime autoritario di Putin, di Orbán e di Trump: un sistema che mantiene l’involucro delle elezioni ma lo rende vuoto, perché calpesta le libertà fondamentali, a partire da quella di manifestazione e di stampa, compromette i diritti delle minoranze e le istituzioni indipendenti, università compresa, e mina la separazione dei poteri, a volte fino al punto di incarcerare o uccidere gli oppositori: rendendo così la libera espressione del dissenso, una corretta informazione dei cittadini e un’equa competizione politica molto difficili, se non impossibili.

Nel campo occidentale, sono questi regimi illiberali il nuovo fascismo con cui abbiamo a che fare, il fascismo del nostro tempo verrebbe da dire, diverso ovviamente dalla dittatura di un secolo fa. Sono questi i modelli cui guarda esplicitamente Giorgia Meloni, che non a caso nel suo libro del 2021, Io sono Giorgia, elogiava ripetutamente Trump, auspicava il dialogo con la Russia di Putin in nome della difesa dei valori dell’occidente e definiva l’intervento di Viktor Orbán (che ieri ha ricevuto a palazzo Chigi) alla festa di Atreju, nel 2019, «in assoluto il momento più emozionante» da quando esiste quella manifestazione.

Non si tratta solo di parole, o di affinità ideali. Il nostro governo erode già costantemente la libertà di stampa, minacciando e screditando i giornalisti più o meno come fa Trump, e compromette la libertà di manifestare e i diritti fondamentali dei cittadini, ad esempio nel decreto sicurezza approvato due settimane fa. Secondo tutti i rapporti delle organizzazioni indipendenti, a partire da quelli di Amnesty International, l’Italia con Meloni sta indietreggiando pericolosamente (backsliding, scrive Amnesty) nei diritti umani e nelle libertà: specie per quel che riguarda i diritti dei migranti e dei rifugiati, la libertà di manifestare e di espressione del dissenso, i diritti delle donne e delle persone Lgbtq+.

Se guardiamo alla libertà di stampa, secondo Reporter senza frontiere nel 2024 l’Italia è risultata ultima in tutta l’Europa occidentale: con un indice (69,8) in netto peggioramento rispetto ai livelli di qualche anno fa (75). In aggiunta, l’attuale governo contribuisce a mettere in crisi la credibilità delle istituzioni internazionali, multilaterali, che sono il pilastro a difesa dello stato di diritto nel mondo: a partire dal discredito per la Corte penale internazionale, sulla scia di quanto fanno, in maniera anche più plateale, Putin e Trump, Orbán e Netanyahu.

Infine, ma non per ultimo, il progetto di riforma costituzionale voluto da Meloni punta, con l’elezione diretta del premier, a scardinare anche la massima istituzione di garanzia del nostro paese, quella del presidente della Repubblica.

Meloni esplicitamente rivendica un modello plebiscitario di democrazia che all’equilibrio dei poteri, garanzia della libertà dei cittadini da Montesquieu in poi, sostituisce la supremazia del potere esecutivo, presunta espressione della volontà della nazionale.

In piena sintonia con i suoi modelli autoritari. La novità è che, da qualche mese, non è più isolata, in Occidente. Ma ha trovato un formidabile alleato in Donald Trump. Di cui, non a caso, si è fatta alfiere in Europa.

Non vedere il rischio che questa situazione comporta per il nostro paese è da miopi, a dir poco. La storia insegna che figure di questo tipo vanno prese molto sul serio, per quello che sono e che, soprattutto, dicono di essere (e di voler fare). Del resto, se a suo tempo il fascismo ha potuto vincere è proprio perché è stato sottovalutato, da una classe dirigente liberale che concesse a Mussolini enormi aperture di credito. Nel 2022, in parte è stato commesso lo stesso errore.

Oggi però, in Italia, ci sono ancora margini per evitare di sprofondare nell’autoritarismo. Faremmo bene a non sprecarli, in nome di posizionamenti tattici.

L’unità di tutte le forze, e di tutti coloro, che amano la libertà e la democrazia è l’insegnamento più grande, e più attuale, che possiamo trarre dalla lotta antifascista.