Augusto Paolo Lojudice
Città del Vaticano
«Ascolta, si confronta, decide. Quando nella Cappella Sistina ha annunciato il nome pontificale non mi sono meravigliato perché, come per Leone XIII, la questione sociale è sempre stata la sua priorità». Con Robert Francis Prevos, il cardinale Paolo Lojudice ha collaborato come membro del Dicastero vaticano per i vescovi di cui il “new Pope” era prefetto. «Ha un modo informale e affabile di interagire, levigando e piallando le asperità ma al tempo stesso è determinato», spiega il cardinale Augusto Paolo Lojudice, 60 anni, romano, presidente della Conferenza episcopale toscana, arcivescovo di Siena e vescovo di Montepulciano.
L’ascesa al Soglio petrino di Leone XIV ha sorpreso il mondo, eppure voi cardinali lo avete eletto in appena quattro scrutini. Perché?
«Robert Francis Prevost ha un’esperienza a tutto campo e una visione a 360 gradi sulla Chiesa e sul mondo. Ha avuto una varietà di incarichi nell’ordine religioso agostiniano, in diocesi e in Vaticano, quindi conosce le periferie e il centro ed è stato scelto per queste caratteristiche che lo rendono una figura molto rara. È una persona dai modi veramente garbati, con una grande affabilità ed un’umanità molto accentuata che saprà conquistare tutti i fedeli»
«Robert Francis Prevost ha un’esperienza a tutto campo e una visione a 360 gradi sulla Chiesa e sul mondo. Ha avuto una varietà di incarichi nell’ordine religioso agostiniano, in diocesi e in Vaticano, quindi conosce le periferie e il centro ed è stato scelto per queste caratteristiche che lo rendono una figura molto rara. È una persona dai modi veramente garbati, con una grande affabilità ed un’umanità molto accentuata che saprà conquistare tutti i fedeli»
Sarà maggiore la continuità o la discontinuità?
«Tra gli ultimi pontificati, al di là delle diversità legate alla personalità di ciascun Papa, c’è una grande continuità e sarà così anche stavolta. In queste prime uscite pubbliche si cercano segnali che diano la cifra dello stile di Leone XIV. Francesco ha compiuto scelte forti per smuovere alcune situazioni e rendere evidente lo sforzo di innovare anche visivamente l’istituzione, rimuovendo consuetudini e forme non più adeguate ai tempi».
E adesso cosa accadrà?
«Dopo questo necessario e salutare scossone, Leone XIV è libero di ripristinare alcuni segni o di proseguire sulle orme di Francesco su altri. Nessuna sorpresa per esempio qualora scelga di abitare nell’appartamento pontificio invece che alla casa Santa Marta. Altri simboli sono di minor importanza come le scarpe rosse che nessuno dei due indossa».
Leone XIV partirà dai temi sociali o dalla dottrina?
«L’essere umano è un insieme psicologia, fede, aspetti sociali. Testimoniare il Vangelo significa rivolgersi alla persona nella sua interezza e così farà Leone. L’uomo è carne e spirito, l’annuncio della salvezza non avviene a compartimenti stagni, è un processo integrale. Sull’umiltà dovremo lavorare fino all’ultimo respiro. Nella storia della Chiesa non si torna indietro. Si va soltanto avanti. Grazie a Dio».
Lei lo ha conosciuto bene al dicastero dei vescovi. Un lavoro gomito a gomito su un tema delicato e centrale per la Chiesa. Che tipo di impegno avete condiviso?
«Il Dicastero vaticano dei vescovi ha un ruolo centrale nella scelta dei futuri pastori delle diocesi in tutto il mondo. Si comprende bene la delicatezza dell’incarico che gli è stato affidato da papa Francesco come prefetto di questo Dicastero. Mi hanno colpito l’umanità e la pacatezza messe in campo in ogni occasione che ci ha visto riuniti a Roma. Incontri importanti che ho spesso allietato con i dolci tipici senesi tanto che l’allora cardinale Prevost ha più volte esclamato “quanto è bella Siena!”».
E la presenza agostiniana nella sua diocesi?
«Ci sono i religiosi agostiniani a San Gimignano e le monache agostiniane all’eremo di Lecceto vicino a Siena dove è stato diverse volte. Una presenza cara a papa Leone XIV tanto che subito dopo la sua elezione ci siamo detti insieme “chissà quanto saranno felici le suore di Lecceto!”».
«Ci sono i religiosi agostiniani a San Gimignano e le monache agostiniane all’eremo di Lecceto vicino a Siena dove è stato diverse volte. Una presenza cara a papa Leone XIV tanto che subito dopo la sua elezione ci siamo detti insieme “chissà quanto saranno felici le suore di Lecceto!”».
Leone XIV ha visitato a Genazzano il santuario del Buon Consiglio. Uno stile diretto e spontaneo che molti non immaginavano.
«Credo continueremo a vedere il Papa per la gente e tra la gente. Mi fa molto piacere la sua devozione alla Madonna del Buon Consiglio perché come cardinale sono titolare della parrocchia a lei intitolata a Roma nel quartiere Tuscolano. Spero che presto il Pontefice potrà venirla a visitare».
Perché la sua prima parola da Papa è stata pace?
«Leone XIV che invita alla pace è la cosa più naturale. Ci saranno sempre spinte interiori che ci portano a sentirci superiori, a giudicare gli altri. E invece dobbiamo continuare a lavorare su noi stessi. Prevost ha nel Dna il dialogo tra culture e gli viene lavorare in gruppo. Perciò esorta ciascuno di noi a percorrere cammini come quello del Sinodo: una bellissima esperienza che continua. Il Pontefice non è solo e non deve essere solo: è la guida della Chiesa. Quindi si continua insieme il cammino che Francesco ha messo al centro della vita ecclesiale».
«Leone XIV che invita alla pace è la cosa più naturale. Ci saranno sempre spinte interiori che ci portano a sentirci superiori, a giudicare gli altri. E invece dobbiamo continuare a lavorare su noi stessi. Prevost ha nel Dna il dialogo tra culture e gli viene lavorare in gruppo. Perciò esorta ciascuno di noi a percorrere cammini come quello del Sinodo: una bellissima esperienza che continua. Il Pontefice non è solo e non deve essere solo: è la guida della Chiesa. Quindi si continua insieme il cammino che Francesco ha messo al centro della vita ecclesiale».
Perché Prevost ha richiamato l’attenzione sull’Intelligenza artificiale?
«La sua preoccupazione è quella di orientare la ricerca tecnico scientifica al perseguimento del bene comune, all’autentico progresso civile e sociale, al servizio dello sviluppo dell’uomo e della comunità. Leone XIII lo aveva fatto con le macchine che a fine 800 innescavano dinamiche di schiavizzazione dei lavoratori. Già Francesco, nel messaggio per la Giornata della pace, aveva evidenziato come i nuovi strumenti digitali stanno cambiando il volto delle comunicazioni, della pubblica amministrazione, dell’istruzione, dei consumi, delle interazioni personali e di altri aspetti della vita quotidiana».
Cosa lo preoccupa dell’Ai?
«Alla base dell’utilizzo di algoritmi e tecnologie digitali devono esserci la dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità dell’unica famiglia umana. La realtà è superiore all’idea. Non contano le chiacchiere, ma i fatti. Le persone. La carne viva. I poveri. Francesco prima e Leone ora ci insegnano a partire dagli ultimi e guardare la realtà con gli occhi dei piccoli, dei bambini, di chi soffre, delle vittime delle ingiustizie. E sul Soglio di Pietro siede chi dà voce a chi non ha voce ».
«Alla base dell’utilizzo di algoritmi e tecnologie digitali devono esserci la dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità dell’unica famiglia umana. La realtà è superiore all’idea. Non contano le chiacchiere, ma i fatti. Le persone. La carne viva. I poveri. Francesco prima e Leone ora ci insegnano a partire dagli ultimi e guardare la realtà con gli occhi dei piccoli, dei bambini, di chi soffre, delle vittime delle ingiustizie. E sul Soglio di Pietro siede chi dà voce a chi non ha voce ».