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In vista dei referendum dell’8 e 9 giugno, le opposizioni – Pd, M5s e Avs – si mobilitano contro la campagna per l’astensione promossa dalla destra. I leader dei tre partiti invitano a partecipare al voto e saranno in piazza il 19 maggio con la Cgil, denunciando che non votare indebolisce la democrazia.
Ma nel Pd le tensioni sono forti. Sei esponenti della corrente riformista – tra cui Gori, Guerini e Picierno – si sono dissociati dalla linea di Elly Schlein, che sostiene il sì a tutti i quesiti. I sei annunciano che voteranno solo su due schede, rifiutando quelle che puntano a cancellare il Jobs Act, legge simbolo dell’epoca renziana. La spaccatura interna è evidente, anche se Bonaccini, presidente del partito, cerca di evitare lo scontro aperto: “Chi vuole fare battaglia contro la segretaria, lo faccia da solo”.
Lo scontro si estende anche alle alleanze locali, in particolare in Campania. Schlein vorrebbe candidare Roberto Fico alle prossime regionali, ma Vincenzo De Luca si oppone e cerca di restare in gioco, nonostante le regole sul terzo mandato. Si parla anche di una possibile ricandidatura di De Luca in caso di crisi della giunta regionale.
Intanto le opposizioni accusano la Rai di oscurare i contenuti referendari. L’Agcom ha richiamato le emittenti a garantire un’informazione completa e imparziale. La sfida, ora, è tutta sulla partecipazione: da una parte chi invita a votare, dall’altra chi spinge per restare a casa. Ma nel Pd, prima ancora del voto, si gioca una battaglia politica tutta interna.