
Mps sfida Mediobanca: inizia la guerra per il potere
4 Luglio 2025
La sinistra senza blocco: accumulazione, egemonia e l’occasione mancata
4 Luglio 2025Nel cuore della notte se ne va Nicola Borrelli, per anni dominus del cinema italiano al Ministero della Cultura. Non un funzionario qualsiasi, ma l’uomo che firmava decreti, distribuiva milioni, decideva chi poteva fare cinema e chi no. Il suo addio, silenzioso ma pesante, arriva dopo lo scandalo del tax credit concesso a un film fantasma legato a un uomo oggi accusato di duplice omicidio. Ma a far tremare i muri del Collegio Romano non è solo il caso giudiziario, bensì la guerra interna che da mesi avvelena il Ministero.
Il ministro Alessandro Giuli, teorico della cultura “virile” e della vendetta come strumento di governo, prova a fare il pompiere dopo aver soffiato sul fuoco. Accompagna la Guardia di Finanza nei suoi stessi uffici, scarica chi fino a ieri era il suo braccio operativo, promette rigore e trasparenza. Ma il danno è fatto: la macchina si è inceppata e il settore, già stremato, è paralizzato.
E mentre le produzioni attendono risposte e i lavoratori dello spettacolo restano senza contratto, il governo gioca a Risiko. Le dimissioni di Chiara Sbarigia da Cinecittà — amica, consigliera e longa manus della sottosegretaria leghista Borgonzoni — sono solo un’altra tappa del regolamento di conti tra bande. Giuli da una parte, la Lega dall’altra. Si litiga su tutto: film, fondi, poltrone, perfino sugli inviti al Premio Strega.
Nel frattempo, il presidente di Anica lancia l’allarme: “Senza guida e senza certezze, qui si ferma tutto”. Toni Servillo, con l’eleganza che gli è propria, parla di “passi indietro” e invita a non gettare “l’acqua con il bambino”. Ma ormai siamo alla palude. O meglio, alla vendetta continua: il merito conta poco, conta chi sta con chi. E chi si dimette lo fa per evitare di finire bruciato sul rogo mediatico.
Nel caos, si parla già di nomine. Perché dove c’è vuoto di potere, c’è sempre qualcuno pronto a occuparlo. I nomi? Quelli giusti, ovviamente: amici, ex segretarie, sodali di partito. Mentre la cultura italiana, quella vera, quella che crea immaginari, educa e tiene in piedi un paese disorientato, resta ostaggio di faide e poltrone.
Il messaggio è chiaro: chi lavora seriamente è sacrificabile. Chi appartiene alla cerchia giusta, invece, resiste sempre. È questa la visione culturale di chi governa oggi? Una cultura da saloon, dove le risse valgono più delle idee e ogni passo in avanti è un fastidio per chi vive di scontri e ripicche?
In un momento in cui servirebbe visione e stabilità, il Ministero della Cultura si presenta come un campo minato. Manca un progetto, manca una direzione, manca rispetto per un settore che dà lavoro, valore e prestigio al Paese. Restano solo i veleni. E la sensazione che qualcuno, nel frattempo, stia facendo il deserto per poterlo comandare.