La maturità è terminata ma la protesta degli studenti continua e assume forme diverse, più difficili da archiviare come incapacità di affrontare una prova e da cancellare con un tratto di penna nella riforma che arriverà. Il primo è stato Gian Maria Favaretto, studente del liceo Fermi di Padova. Agli inizi di luglio è entrato in aula e alla commissione ha detto: «Grazie di tutto ma io questo colloquio non lo voglio sostenere. Arrivederci». Aveva ottimi voti, è stato promosso lo stesso e ha spiegato di essere contro il sistema di valutazione, contro la competizione esasperata presente nelle scuole. Poi sono arrivati gli altri, anche loro scena muta, promossi ma sulle barricate.
La risposta del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara è stata una condanna senza appello, li ha accusati di prendere in giro compagni e insegnanti, di avere paura delle prove e ha annunciato che dal prossimo anno l’esame cambierà e questo tipo di protesta non sarà più possibile.
Da ieri la protesta ha assunto una forma nuova. Pietro Marconcini, 19 anni, dopo aver terminato il ciclo di studi al liceo scientifico Plinio Seniore di Roma, ha scritto una lunga lettera al ministro Valditara che si conclude così: «Per tutte le lacrime versate, per tutte le crisi nervose avute, per tutte le prese in giro, le critiche subite a causa di un sistema scolastico alienante e cieco, per tutti i sorrisi che ci sono stati sottratti, ministro, io le chiedo di ridurre il mio voto attribuito al termine dell’esame di stato a 60/100».
Quindi ha sostenuto l’esame, ha ricevuto 83 e ora chiede di abbassarlo alla sufficienza. Come è nata questa decisione?
«Da tempo faccio politica attiva a scuola. Negli ultimi tre anni sono stato rappresentante di classe e ho sempre criticato questo sistema. A dicembre avevo parecchie insufficienze quindi negli ultimi mesi di scuola mi sono messo a studiare. Ho recuperato le insufficienze ma ho messo da parte il mio benessere mentale. Mi sono caricato di ansia, di stress. Il 24 giugno ho dato l’orale. Sono entrato con 65 per i voti avuti durante le prove scritte e durante l’anno. Alla prova orale ho avuto 18 punti, ho terminato il liceo con 83».
Ha recuperato le insufficienze e ha anche ottenuto un buon voto. Non ha provato soddisfazione per il risultato ottenuto?
«La sera dell’orale sono andato a dormire, il giorno dopo con la mente finalmente libera dallo studio mi sono reso conto che dopo anni in cui criticavo la mentalità di stare dietro al voto, di guardare la media che si alza e si abbassa sono arrivato a salvarmi la media cadendo proprio nello stesso meccanismo. Per coerenza avrei dovuto rimanere in silenzio anche io all’orale ma, visto che non era più possibile, ho pensato che in segno di solidarietà nei confronti di chi aveva partecipato alla protesta avrei potuto scrivere una lettera al ministro con la richiesta di abbassarmi il voto».
Per il ministro Valditara le vostre proteste rappresentano solo un’incapacità di affrontare le prove.
«Un voto non può venire prima della salute di qualcuno. I dati parlano chiaro: nella mia generazione la scuola è la quarta causa di morte. Se il ministro, invece, usa questa scusa gli va detto che non prende in considerazione il nostro disagio. Posto che queste problematiche esistono, da quale luogo iniziare a scardinarle se non a scuola?»
E all’università? Come farà con gli esami?
«Farò psicologia. E non smetterò di dire quello che penso anche perché i dati sul disagio dei giovani valgono soprattutto per l’università. Le statistiche sono chiare anche in questo caso: il malessere è forte, molti studenti si laureano e subito dopo si tolgono la vita. Quindi continuerò a protestare contro quello che è malsano. E cercherò di mettere sempre al primo posto il mio benessere mentale rispetto a un trenta. Meglio finire l’università sei mesi più tardi che trascorrere tutte le sere piangendo e stando male».
Quando ha iniziato ad avvertire disagio a scuola?
«All’inizio del liceo. Certamente nel mio malessere ha avuto un ruolo anche il Covid. Siamo rimasti chiusi in casa per un anno e mezzo. La prima ricreazione con i compagni o la prima assemblea in presenza li ho vissuti solo al secondo anno di liceo. Il ministro dovrebbe capire che non siamo dei ragazzini viziati ma che abbiamo vissuto cose che generazioni precedenti non hanno vissuto e che quindi abbiamo bisogno di cose diverse».
Adesso andrà in vacanza?
«Da giugno ho iniziato il servizio civile. Durerà un anno. Lavoro all’Auser, mi occupo di assistenza alla terza età e di autogestione dei servizi».