
Il Palazzo del Marchese. Si parte con il restauro
15 Settembre 2025
In un’epoca di profonda polarizzazione, l’unità non è la missione di Trump
15 Settembre 2025Viviamo in un tempo in cui la parola “realismo” è diventata una parola d’ordine, un lasciapassare per giustificare qualunque scelta: il rispetto ferreo dei vincoli di bilancio, le alleanze militari mai discusse, le politiche energetiche ancora legate alle fonti fossili e a logiche di mercato che ignorano i costi sociali e ambientali. Ma realismo non è sinonimo di rassegnazione: è, o dovrebbe essere, la capacità di guardare in faccia la realtà per trasformarla.
Il rischio oggi è che il realismo venga usato come arma di disciplinamento politico. Si importano fatti di cronaca dall’estero — come omicidi negli Stati Uniti — e li si utilizza per accusare la sinistra di alimentare odio, creando un clima di sospetto. Si agita lo spettro del ritorno delle Brigate Rosse, dimenticando che furono un fenomeno storico preciso, figlio di una stagione irripetibile di conflitto sociale, repressione e strategia della tensione. Questo modo di parlare non è neutro: è una strategia per ridurre lo spazio del dissenso, per far sembrare ogni critica al governo una minaccia all’ordine democratico.
Ma un Paese che si lascia governare dalla paura smette di discutere. Rinuncia al conflitto politico, si affida all’uomo forte, accetta di sacrificare diritti e libertà in cambio di un’illusoria sicurezza. È la lezione del nostro Novecento: quando il dissenso viene criminalizzato e l’opposizione dipinta come pericolo, la democrazia entra in una zona d’ombra.
Un realismo progressista deve allora rovesciare questa logica. Significa riconoscere i vincoli, ma non farsene schiacciare. Significa investire in scuola e università, per formare cittadini consapevoli e liberi; in sanità pubblica, perché la salute sia diritto e non privilegio; in ricerca e innovazione, per liberare l’Italia dalla dipendenza tecnologica ed energetica; in energia pulita e reti sostenibili, per ridurre la nostra vulnerabilità geopolitica. E serve una riforma fiscale coraggiosa, che sposti il peso dalle fasce più deboli a chi accumula rendite e profitti extra, perché la giustizia sociale non può essere un obiettivo solo a parole.
Sul piano internazionale, realismo significa anche autonomia strategica europea: sostegno all’Ucraina senza farsi trascinare in una guerra permanente, dialogo con il Sud globale, difesa dei diritti umani come condizione di ogni accordo economico. Difendere la sicurezza non può significare militarizzare la società: trasparenza e controllo democratico sulle scelte di difesa devono essere il cardine di ogni decisione.
La sfida è grande ma necessaria: riportare il centro della politica su giustizia sociale, diritti civili, transizione ecologica e pace. Realismo sì, ma senza rassegnazione: perché se ci limitiamo a gestire l’esistente, diventiamo spettatori passivi di un mondo che peggiora. Solo un realismo che non abdica alla speranza e alla trasformazione può impedire che il presente diventi una prigione.