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15 Ottobre 2025
Per Siena: serve una nuova stagione di partecipazione
15 Ottobre 2025
La seconda persona al mondo a fare il tifo per la nomina di Simone Bezzini in giunta, dopo lo stesso Bezzini, è Anna Paris. Non a caso: se l’assessore alla sanità tornasse in giunta, lei tornerebbe in Consiglio regionale. Chiamasi lealtà interessata, o – in versione toscana – “coerenza col destino”.
Paris, uscita vittoriosa (ma non troppo) dalla sfida interna al Pd con 5.307 preferenze, si dice “gratificata” e insieme “perplessa” per la campagna elettorale: troppa competizione, troppe chiusure, poca squadra. Tradotto: ognuno ha pensato per sé, ma ora si dovrebbe “ritrovare una sintesi”. Una frase che, detta in politichese fluente, suona come un appello all’unità: purché guidi lei la ricomposizione.
Eppure, dietro il tono educato e l’immagine di serietà civica (“stare tra la gente, parlare senza sofismi, niente polemiche sterili”) resta un fatto: il consenso personale di Paris non è affatto travolgente. Basta guardare il risultato di Berni, il sindaco di Monteroni, arrivato subito dietro di lei – e senza cinque anni di visibilità regionale, senza incarichi, senza il vantaggio di esser già “in campo”.
A ben vedere, più che un plebiscito per Paris, il voto nel collegio senese è stato un voto di simbolo, non di preferenza. Molti hanno barrato il Pd e chiuso la scheda: il “consenso diffuso” di cui lei parla somiglia piuttosto a un’eco di appartenenza che a un riconoscimento personale.
Eppure l’intervista si sforza di ribaltare la prospettiva: “Cinque anni di lavoro e attenzione ai territori”, “bagaglio di competenze”, “mi sento utile alla comunità”. Tutto giusto, tutto vero – nel linguaggio del marketing politico. Ma la realtà è che in una campagna segnata da contrapposizioni interne, Paris è riuscita solo in parte a imporsi come figura di riferimento. Il suo risultato è buono ma fragile, il suo profilo politico più amministrativo che popolare.
Insomma, Anna Paris ci ricorda una vecchia regola della politica senese: chi parla di unità, di solito ha appena finito di contare i propri voti.
E se davvero la “regia del partito” dovrà ritrovare una sintesi, conviene farlo presto. Prima che il film finisca e si resti solo con la colonna sonora di chi, come lei, sa dirsi “utile alla comunità” anche quando la comunità non se ne è accorta troppo.