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19 Ottobre 2025Il Vecchietta al Santa Maria della Scala: un riallestimento da osservare con attenzione
di Pierluigi Piccini
Il Santa Maria della Scala dedica un nuovo percorso al Vecchietta, l’artista che più di ogni altro ha definito l’identità visiva dell’antico ospedale senese. L’intervento, intitolato Il Vecchietta. Nuova visione, non è una mostra temporanea ma un riallestimento permanente che intende restituire coerenza e leggibilità alle opere e agli spazi del complesso.
L’idea di rimettere al centro il Vecchietta ha una sua logica evidente: per oltre cinquant’anni l’artista ha lavorato per l’Ospedale, lasciando affreschi, sculture e architetture che ancora oggi ne segnano il carattere. Ma proprio questa scelta porta con sé un rischio. Concentrare il discorso su un solo autore significa correre il pericolo di oscurare la dimensione collettiva del Santa Maria, costruita nel tempo da maestranze diverse, committenze stratificate e da una comunità che per secoli lo ha vissuto come luogo di cura, di fede e di appartenenza civile.
Il principio che guida l’allestimento — “togliere per rendere leggibile” — è condivisibile in astratto, ma andrà verificato sul campo. Restituire ordine e respiro può favorire la comprensione, ma se portato all’estremo rischia di cancellare le tracce di stratificazione che costituiscono la memoria stessa del luogo. La chiarezza visiva non deve tradursi in impoverimento del senso storico.
Dal punto di vista della fruizione, la possibilità di osservare da vicino il grande Cristo bronzeo rappresenta un’occasione preziosa. Avvicinare il pubblico all’opera in modo così diretto può generare nuove forme di partecipazione, ma comporta anche responsabilità precise: controlli puntuali, condizioni ambientali stabili, vigilanza costante. Un’opera esposta in modo più accessibile è anche un’opera più esposta ai rischi.
Un aspetto cruciale, spesso trascurato, riguarda la comunicazione. È fondamentale chiarire subito che non si tratta di una mostra con data di scadenza, ma di un intervento permanente che ridefinisce il modo stesso di visitare il Santa Maria. E occorre ribadire con forza che il complesso non è solo un contenitore di capolavori, ma una testimonianza civile viva: un luogo dove arte, assistenza e sapere si sono intrecciati per secoli, generando una delle esperienze più significative della Siena medievale e rinascimentale.
Sarà il tempo a dire se questa “nuova visione” riuscirà davvero a restituire al Santa Maria della Scala la sua identità profonda, senza appiattirla su una narrazione monografica. Per ora si tratta di un passo importante, ma tutto da verificare. L’operazione dovrà dimostrare sul campo di saper mantenere l’equilibrio tra tutela, interpretazione critica e apertura al pubblico. Solo dopo alcuni mesi di esperienza si potrà giudicare se il percorso ha trovato la sua misura o se richiederà ripensamenti. Nel frattempo, vale la pena seguirlo con interesse — e con occhio vigile.