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15 Settembre 2022di Gaspare Polizzi
Le scuole si riaprono oggi in Toscana con i problemi di sempre. Docenti che mancano, soprattutto alle superiori e nelle discipline scientifiche, spazi carenti e custodi che non si trovano per garantire il regolare orario scolastico. E all’orizzonte la paura che ritorni l’emergenza Covid. Sembrano rientrate le due grandi polemiche agostane. L’introduzione della settimana corta, ventilata per favorire il risparmio energetico, rimane prerogativa dei singoli istituti». La più spinosa questione del «docente esperto», inserita nel decreto-legge Aiuti bis, approvato martedì, è stata risolta con una «mediazione semantica», sostituendo il «docente esperto» con il «docente stabilmente incentivato». Si vedrà se si tratta soltanto di un ammorbidimento linguistico, visto che si mantiene un meccanismo selettivo di attribuzione dei fondi, tutto da definire, ma necessario perché il testo sia approvato dalla Commissione Ue per l’erogazione dei fondi del Pnrr. C’è però uno spettro che aleggia sulla scuola italiana e che costringerà i governi futuri a ripensarne la struttura. Il ministro Bianchi ha parlato di emergenza demografica: «Il problema del Paese è la caduta demografica. In due anni abbiamo perso quasi 300 mila studenti e in 10 anni, entro il 2031-32, ci saranno 1,4 milioni di studenti in meno». Anche in Toscana la riduzione si fa sentire. Nell’anno scolastico 2018-19 gli studenti erano 481.118 e sono scesi a 465 mila.
A Firenze quest’anno ci sono 35.417 alunni, a fronte dei circa 38 mila del 2019. E la scuola elementare e la scuola media sono i cicli scolastici maggiormente colpiti. La nuova realtà demografica dovrebbe essere al centro dell’attenzione di chi governerà la scuola nei prossimi anni, perché su di essa si modellano i profili professionali e le scelte didattiche di fondo. Oltre un miliardo è stanziato per il piano che consentirà di costruire oltre 200 nuove scuole. Ad esso si aggiungono 3,9 miliardi destinati alla messa in sicurezza degli istituti. Ben vengano le nuove scuole, possibilmente pensate con spazi ampi, giardini e tutte quelle innovazioni tecnologiche che consentano risparmi energetici. Le scuole dovrebbero diventare più vivibili e meglio attrezzate per una didattica aperta e non polarizzata sull’usurato rapporto cattedra-banchi. Spazi aperti, non centrati sulla veduta superiore del docente, sono già il presente in tante scuole europee, a partire dalle elementari. Qualcuno ha pensato a riutilizzare in questa direzione gli spazi scolastici che si svuoteranno per il calo demografico? Il buon governo della decrescita demografica richiede anche una nuova visione della figura del docente. Il maggior numero possibile di docenti dovrebbe essere motivato e incentivato. Anche qui sono disponibili fondi del Pnrr, orientati però solo a una formazione obbligatoria che comprende le competenze digitali. Viene introdotto un sistema di aggiornamento permanente e gratuito in percorsi di durata almeno triennale, richiesto e sostenuto dal Pnrr, che mette in secondo piano — e forse farà sparire — la formazione incentivata con la Carta del Docente. La formazione professionale dovrebbe invece mantenere quella libertà che, se ben orientata e incentivata, porterebbe a ripensare le competenze nelle diverse discipline. Abbiamo bisogno di insegnanti che consentano di superare quei livelli indegni di conoscenza della lingua italiana, della matematica e dell’inglese rilevati da tante statistiche nazionali e Ocse, e di recuperare alunni che fuggono dalla scuola. Il tasso di abbandono in Toscana è stato del 10,4 per cento nel 2019. Quale migliore occasione della riduzione del numero degli studenti per rimettere in carreggiata la scuola italiana?